Intervista al neopresidente nazionale Massimo Achini: l'associazione impegnata anche per una legge quadro sullo sport
Redazione
11/07/2008
a cura di Luigi CRIMELLA
Oltre 12 mila società sportive per 770 mila aderenti: è la realtà del Centro sportivo italiano (Csi), che alla fine di giugno ha eletto come nuovo presidente nazionale Massimo Achini, già presidente provinciale del Csi di Milano. Tra le priorità indicate dal nuovo presidente, la valorizzazione e crescita della dimensione territoriale, rapporti attivi e propositivi con la politica e l’amministrazione pubblica, un’offerta crescente di attività sportive amatoriali, un nuovo protagonismo a servizio della comunità cristiana. Abbiamo intervistato Achini all’inizio del suo mandato.
Com’è il rapporto del Csi con le realtà di Chiesa in Italia?
Il rapporto con la Chiesa è da sempre molto naturale per il Csi. Siamo nati all’interno della Chiesa e la vera missione è sempre stata e sempre rimarrà al servizio della Chiesa italiana. Il Csi, in questi ultimi anni, ha raggiunto livelli di autorevolezza davvero unici in ambito ecclesiale, grazie in particolare all’azione del presidente uscente Edio Costantini. Di ciò siamo molto orgogliosi e molto soddisfatti. Adesso la sfida è portare questa autorevolezza nelle singole diocesi e sul territorio, dove la situazione è ancora a macchia di leopardo. In tantissime il Csi è inserito in modo autorevole e significativo, in altre le presenze sono più deboli, mentre la Chiesa riconosce una grande autorevolezza alle attività sportive sul piano educativo. Ci sono parrocchie dove lo sport è considerato un grande strumento di educazione, in altre è ignorato, in altre ancora è emarginato. Il nostro impegno sarà perciò di aiutare i singoli Comitati provinciali a intraprendere con le diocesi un cammino di condivisione, che ci auguriamo divenga fecondo, per utilizzare lo sport al servizio della pastorale.
Come impostate l’attività formativa?
Nel segno dei valori e della concretezza. Spesso si dice che l’educazione si vive, non si racconta, nel senso che si fa non con le belle parole, ma con la vita quotidiana concreta. Da questo punto di vista lo sport diventa uno strumento educativo non facendo grandi discorsi, ma stando con i ragazzi, vivendo accanto a loro negli allenamenti e nello spogliatoio, nella immediatezza delle situazioni. L’educazione va fatta bene, perché è una cosa seria e servono persone molto preparate. Bisogna riconoscere che nello sport molto spesso c’è grande generosità di cuore, ma anche che a volte si “improvvisa”. La priorità, a nostro avviso, resta perciò la formazione di dirigenti, allenatori e formatori, anche perché i ragazzi sono affidati alle mani e al cuore di queste persone. Serve quindi un percorso formativo molto qualificato e per renderlo più incisivo dovremo arrivare ad avere il 90% dei dirigenti che abbiano frequentato un percorso formativo specifico e approfondito. Ci impegneremo fino a quando questo obiettivo non sarà raggiunto.
In che rapporti siete con le istituzioni politiche e amministrative?
Negli anni scorsi è stata fatta una campagna che aveva come slogan “Esserci”. Il Csi usciva dai confini del campetto per esserci nella società civile. La sintesi del quadriennio che si apre potrebbe essere “Aprire gli occhi” nei confronti delle istituzioni, per far vedere quel tesoro nascosto dal valore inestimabile che è il ruolo sociale dello sport. Si tratta di centinaia di migliaia di persone che, da volontari, si dedicano ai ragazzi, un fenomeno che non esiste in altri Paesi europei, che ci viene molto invidiato per le ricadute educative che produce, e che, incredibilmente, le istituzioni non riescono a vedere come “tesoro”. Come associazione siamo per un rapporto costante e incisivo con le istituzioni a qualunque livello. Vogliamo che venga riconosciuta la dignità dello sport come valore sociale. Chiederemo una legge-quadro sullo sport, di cui si parla da vent’anni, ma che non è mai arrivata. Ciò è a dir poco imbarazzante. Sollecitare la creazione di una maggioranza parlamentare trasversale a favore dello sport di base potrebbe essere un buon inizio. Inviteremo inoltre i comitati territoriali a essere sempre più presenti con le istituzioni. Siamo convinti che questa alleanza con le istituzioni risulti molto utile sia dal punto di vista organizzativo, sia per il nostro contributo a quell’impegno educativo che è chiesto di fronte alle esigenze che vengono dalle giovani generazioni.