Alcune venerate immagini ne santuari di Merate e di Garbagnate Monastero, di Cremeno e di Concesa.

di Luca FRIGERIO
Redazione Diocesi

Davvero numerose sono le immagini della Madonna del latte presenti nei sacri edifici della diocesi di Milano.

Un nostro breve itinerario – soltanto un e circoscritto forzatamente a una ridotta aerea territoriale – può prendere il via, allora, dalla chiesa di Santa Maria Nascente presso il convento francescano di Sabbioncello, a Merate. Qui, infatti, lungo la parete destra della navata, si dipanano oltre una cinquantina di affreschi devozionali, databili per lo più alla prima metà del XVI secolo. Fra questi si segnalano ben cinque dipinti raffiguranti, appunto, la «Madonna del latte» nella sua iconografia più consueta: la Vergine siede su un alto trono, reggendo in grembo il piccolo Gesù che accosta le labbra al seno della Madre. Maria – che in alcuni casi accarezza teneramente i piedini del Bambinello, in altri stringe con la mano destra un libro di preghiere – è ritratta solitamente con sguardo malinconico e pensoso, a indicare la sofferenza che le si agitava nel cuore presagendo il destino del Figlio. Il Divino Infante, invece, è raffigurato ora nel gesto di benedire i fedeli, ora mentre si regge, realisticamente, al busto materno. In un caso, inoltre, in un tondo dipinto nel passaggio fra la sacrestia e il coro, Gesù trattiene con una mano un piccolo uccello, che non è il più consueto cardellino (quale allusione alla futura Passione), ma piuttosto una rondine, come probabile richiamo alla Resurrezione. Si tratta, per tutti, di veri e propri ex voto che recano i nomi dei dedicatari di tali affreschi.

Poco oltre, a Garbagnate Monastero, l’antico oratorio dei Santi Nazaro e Celso conserva l’immagine di una Madonna che allatta particolarmente interessante, che reca il giorno preciso della sua esecuzione: 27 febbraio 1526. L’interesse di questo affresco risiede soprattutto nella resa, assai particolareggiata, dell’abito di Maria, rappresentativo della moda tardorinascimentale. Curiosa anche la raffigurazione della Vergine a capo scoperto, senza velo, con i lunghi e mossi capelli che scendono sulle spalle, così come di solito appare più di frequente nell’iconografia della Maddalena.

Spostandoci più a nord, a Cremeno, in Valsassina, troviamo un’altra pregevole Madonna del latte sulla pala d’altare della chiesetta di San Rocco, oggi destinata a Sacrario dei Caduti. L’opera fu realizzata probabilmente durante una delle ricorrenti pestilenze che si abbattevano a quel tempo sul territorio lombardo, come testimonia la presenza accanto alla Vergine col Bambino dei santi Rocco e Sebastiano, invocati appunto contro il contagio. Si tratta di un dipinto dall’efficace forza espressiva, dagli accenti quasi fiamminghi nella resa del paesaggio sull sfondo, e reca la firma del frate domenicano Stefano da Pianello e la data d’esecuzione del 21 aprile 1523. Nell’angolo in basso a destra si può notare il volto del committente, che osserva in preghiera.

Una devozione ancora ben viva è quella che si sviluppa attorno al santuario della Divina Maternità di Concesa, nel territorio di Trezzo sull’Adda. Anche qui, infatti, troviamo un’antica immagine con Maria che porge il seno a Gesù in fasce: un’icona semplice, e che tuttavia agli occhi dei fedeli è sempre sembrata «opera più di un angelo che di un uomo, dipinta in Cielo più che in terra», come si legge nelle cronache dei secoli passati. I padri carmelitani, secondo quella loro particolare spiritualità che ha sempre esaltato la maternità della Vergine, accolgono ancor oggi i genitori che vogliono consacrare i loro figli alla Madonna, soprattutto in occasione di una particolare cerimonia che si celebra nei primi giorni dell’anno, in concomitanza con la festa liturgica del Battesimo di Gesù. La consacrazione, infatti, avviene proprio davanti all’altare della Madonna del latte, verso la quale i bambini vengono sollevati e simbolicamente “offerti”. Davvero numerose sono le immagini della Madonna del latte presenti nei sacri edifici della diocesi di Milano. Un nostro breve itinerario – soltanto un e circoscritto forzatamente a una ridotta aerea territoriale – può prendere il via, allora, dalla chiesa di Santa Maria Nascente presso il convento francescano di Sabbioncello, a Merate. Qui, infatti, lungo la parete destra della navata, si dipanano oltre una cinquantina di affreschi devozionali, databili per lo più alla prima metà del XVI secolo. Fra questi si segnalano ben cinque dipinti raffiguranti, appunto, la «Madonna del latte» nella sua iconografia più consueta: la Vergine siede su un alto trono, reggendo in grembo il piccolo Gesù che accosta le labbra al seno della Madre. Maria – che in alcuni casi accarezza teneramente i piedini del Bambinello, in altri stringe con la mano destra un libro di preghiere – è ritratta solitamente con sguardo malinconico e pensoso, a indicare la sofferenza che le si agitava nel cuore presagendo il destino del Figlio. Il Divino Infante, invece, è raffigurato ora nel gesto di benedire i fedeli, ora mentre si regge, realisticamente, al busto materno. In un caso, inoltre, in un tondo dipinto nel passaggio fra la sacrestia e il coro, Gesù trattiene con una mano un piccolo uccello, che non è il più consueto cardellino (quale allusione alla futura Passione), ma piuttosto una rondine, come probabile richiamo alla Resurrezione. Si tratta, per tutti, di veri e propri ex voto che recano i nomi dei dedicatari di tali affreschi. Poco oltre, a Garbagnate Monastero, l’antico oratorio dei Santi Nazaro e Celso conserva l’immagine di una Madonna che allatta particolarmente interessante, che reca il giorno preciso della sua esecuzione: 27 febbraio 1526. L’interesse di questo affresco risiede soprattutto nella resa, assai particolareggiata, dell’abito di Maria, rappresentativo della moda tardorinascimentale. Curiosa anche la raffigurazione della Vergine a capo scoperto, senza velo, con i lunghi e mossi capelli che scendono sulle spalle, così come di solito appare più di frequente nell’iconografia della Maddalena. Spostandoci più a nord, a Cremeno, in Valsassina, troviamo un’altra pregevole Madonna del latte sulla pala d’altare della chiesetta di San Rocco, oggi destinata a Sacrario dei Caduti. L’opera fu realizzata probabilmente durante una delle ricorrenti pestilenze che si abbattevano a quel tempo sul territorio lombardo, come testimonia la presenza accanto alla Vergine col Bambino dei santi Rocco e Sebastiano, invocati appunto contro il contagio. Si tratta di un dipinto dall’efficace forza espressiva, dagli accenti quasi fiamminghi nella resa del paesaggio sull sfondo, e reca la firma del frate domenicano Stefano da Pianello e la data d’esecuzione del 21 aprile 1523. Nell’angolo in basso a destra si può notare il volto del committente, che osserva in preghiera. Una devozione ancora ben viva è quella che si sviluppa attorno al santuario della Divina Maternità di Concesa, nel territorio di Trezzo sull’Adda. Anche qui, infatti, troviamo un’antica immagine con Maria che porge il seno a Gesù in fasce: un’icona semplice, e che tuttavia agli occhi dei fedeli è sempre sembrata «opera più di un angelo che di un uomo, dipinta in Cielo più che in terra», come si legge nelle cronache dei secoli passati. I padri carmelitani, secondo quella loro particolare spiritualità che ha sempre esaltato la maternità della Vergine, accolgono ancor oggi i genitori che vogliono consacrare i loro figli alla Madonna, soprattutto in occasione di una particolare cerimonia che si celebra nei primi giorni dell’anno, in concomitanza con la festa liturgica del Battesimo di Gesù. La consacrazione, infatti, avviene proprio davanti all’altare della Madonna del latte, verso la quale i bambini vengono sollevati e simbolicamente “offerti”. –

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