Il segretario milanese illustra la realtà attuale del sindacato («alcune formazioni politiche cercano di delegittimarci, ma noi teniamo bene») e presenta la visita dell’Arcivescovo in via Tadino: «Facciamo nostro il suo appello a operare insieme per il bene comune»
di Pino
Nardi
«Abbiamo invitato l’Arcivescovo perché è nostra intenzione intensificare la collaborazione, in modo particolare con la Pastorale sui temi del lavoro e del sociale». Lo sottolinea il segretario generale della Cisl milanese, Carlo Gerla, che insieme alla leader nazionale Annamaria Furlan accoglierà monsignor Mario Delpini giovedì 7 marzo, alle 14.30, nella storica sede di via Tadino a Milano. «C’è una storia molto importante rispetto alla nostra sede, la casa della Cisl milanese in via Tadino – ricorda Gerla-: senza l’interesse e la benevolenza della Diocesi questo edificio, che prima ospitava un convento di suore, non sarebbe mai diventato la sede della Cisl milanese. Il 2 dicembre 1961, all’inaugurazione della sede provinciale della Cisl, infatti era presente l’allora cardinale Giovanni Battista Montini. Quindi un filo così importante ci lega con la Diocesi di Milano».
Come risponde il sindacato all’appello che l’Arcivescovo ha proposto nel Discorso alla città, Autorizzati a pensare, sulla necessità di rilanciare la presenza dei corpi sociali?
Innanzitutto lo facciamo nostro. Come ha sottolineato nel Discorso alla città del 6 dicembre «l’obiettivo è il bene comune, come appartenenza consapevole e corresponsabile della comunità». Anche noi siamo convinti che la prospettiva di Milano deve essere europea e mediterranea. La città sta vivendo una forte trasformazione, ma sembra talvolta che viaggi a due velocità. Infatti c’è la Milano della finanza, dell’economia, del lavoro, della moda, del turismo, dell’operosità e dell’accoglienza. Poi però c’è anche l’altra Milano, quella delle ombre, soprattutto a livello sociale; la Milano delle periferie, che è sbagliato definire sempre degradata, ma che comunque chiede risposte e soluzioni su diverse questioni. C’è la Milano dell’immigrazione, con le nuove povertà, della precarietà del lavoro. Nei recenti dati sull’occupazione la metropoli è una realtà ancora positiva; tuttavia, al di là del tasso di occupazione, c’è un problema molto serio rispetto alla qualità del lavoro, alle ore lavorate, con una forte diminuzione del reddito per la persona e per le famiglie.
Come si sta muovendo la Cisl per affrontare questi temi?
Innanzitutto abbiamo una missione importante e tradizionale che è quella di utilizzare i nostri strumenti come la contrattazione, intensificarla nei luoghi di lavoro e quindi rafforzare le relazioni sindacali all’interno delle aziende. Poi le relazioni con le istituzioni: abbiamo aperto tavoli importanti rispetto alla discussione del welfare e dei servizi che offrono i Comuni, in modo particolare sulla tariffazione. Siamo quindi impegnati a raggiungere accordi che consentono di andare incontro alle esigenze delle persone, di chi lavora, di chi è in pensione e di chi cerca lavoro.
Oggi nel dibattito pubblico i corpi intermedi fanno più fatica, molto spesso vengono delegittimati. Cosa ne pensate? Come intendete rilanciare il ruolo del sindacato?
Le “cattività” non sono partite adesso, sono presenti già da qualche anno. Certo, oggi ci sono formazioni politiche che cercano di delegittimarci. Nonostante questo, però, devono emergere i dati reali, concreti: al di là di tutto quello che si dice, il sindacato confederale ha tenuto bene, ha aumentato i propri iscritti non solo tra i pensionati, ma anche tra gli attivi. La Cisl milanese quest’anno ha superato i 186 mila iscritti, è un segno inequivocabile di vitalità del nostro sindacato, ma anche di affidabilità, sia pure in un momento di crisi generale della rappresentanza, ma anche in un contesto economico e sociale non facile come quello attuale. Abbiamo deciso di rafforzare il nostro agire facendo un sindacato sempre più di prossimità e questa è la nostra prima missione che ci porta a intervenire su diversi ambiti: come dicevo la contrattazione delle condizioni di lavoro nelle aziende; tutelare sempre al meglio le persone, sia a livello collettivo, sia individuale, e poi negoziare anche sui temi dello sviluppo economico e sociale con le istituzioni.