Solennità della Natività di N.S. Gesù Cristo. Messa della notte, Milano, Duomo – 25 dicembre 2022
Si sono radunati i sapientoni della terra per affrontare la questione inquietante della tristezza che ha invaso la terra.
“La tua tristezza è colpa tua: hai fatto degli errori e devi portarne le conseguenze, hai fatto dei peccati e devi scontare la pena” dice il primo. Gli uomini e le donne vittime della tristezza chinavano il capo e si battevano il petto oppressi dai loro sensi di colpa, ma la tristezza non passava.
“La tua tristezza è una malattia: devi prendere questa medicina, devi andare da questo e da quello specialista” dice il secondo. Gli uomini e le donne malati di tristezza spendono un capitale in medicine e visite specialistiche: è vero, le medicine attenuano il dolore ma la tristezza non guarisce.
“La tristezza è una tua fantasia: non stare a pensarci! Divertiti, mangia, bevi, godi la vita!” dice il terzo. Uomini e donne convinti d’essere finalmente liberati dalla tristezza, si affollano là dove divertimenti e piaceri, euforia ed ebbrezza sono programmati con molta professionalità e, ovviamente, offerti al giusto prezzo. Ma l’euforia passa, il piacere seduce ma non è mai abbastanza e alla fine, oltre alla tristezza resta anche il mal di testa.
“Il fatto è che tu non sei abbastanza devoto: non preghi abbastanza, fai abbastanza penitenze, non osservi per bene tutta la legge di Dio” dice il quarto. Uomini e donne presi da compunzione si danno a preghiere e penitenze. Ma si rendono conto che neppure nei templi e nelle penitenze abita una letizia duratura. E finisce che si immaginano un dio incontentabile e piuttosto suscettibile.
“È una questione scientifica – dice il quinto – si tratta di chimica e di fisica, basta trovare la combinazione giusta e gli integratori necessari”. Uomini e donne si sentono vittime delle cose, sperano forse in un ricostituente efficace, passano momenti di benessere, poi però la tristezza ritorna, forse anche peggio di prima.
La questione è andata avanti per secoli. I progressi sono stati molti e meravigliosi, in ogni campo. Sono state impiantate dappertutto fabbriche e mercati in cui si trova di tutto. Ma il rimedio alla tristezza non è stato ancora trovato.
Mentre tutti i sapientoni della terra continuavano a discutere e a proporre l’ultima risorsa e la soluzione finalmente perfetta, il Padre che abita nella luce inaccessibile volle portare a compimento la sua volontà di fare luce in ogni tenebra e seminare gioia in ogni tristezza. Già, ma chi poteva compiere la missione. Molti angeli e profeti erano già stati mandati e avevano portato l’annuncio, ma erano stati accolti con scettico disprezzo: “Noi abbiamo già i nostri sapientoni, non abbiamo bisogno di angeli e profeti che vengano da Dio: presto troveremo rimedio alla tristezza!”.
C’era dunque imbarazzo e incertezza su chi potesse andare e su che cosa potesse fare.
Si fece allora avanti il Figlio unigenito e disse: “Eccomi, manda me!”
Il Padre si commosse: “Figlio mio, tu sei l’Unigenito: conosci il prezzo dell’impresa? Le mie viscere si commuovono al pensiero di quello che ti aspetta…”.
Il Figlio però disse: “Padre, io amo gli uomini come li ami tu e non posso sopportare che nessuno vada perduto. Eccomi, manda me!”.
Il Padre disse: “Ma come farai? che cosa dirai?”.
“La tristezza non si guarisce con rimedi e illusioni, con scienze o potenze – disse l’Unigenito – Solo portando insieme il peso della vita si può alleviare la tristezza; solo se un uomo, una donna accoglie il dono della vita divina, può sapere qualche cosa della gioia; solo chi passa attraverso la morte può estirpare la radice di ogni tristezza; solo se conoscono te, Padre, avranno la pienezza della gioia e vinceranno ogni tristezza! Sarò dunque uomo per condividere ogni dolore, sarò dunque fratello per condividere d’essere figlio tuo! Sarò dunque come il seme che muore per insegnare la via della vita che porta a te, Padre!”.
E perciò il Verbo si fece carne e ancora condivide la nostra vita e la trasfigura nella vita del Figlio.
La tristezza è vinta non come una malattia che è guarita, ma come una strada da percorrere, dalle tenebre alla luce.
Così è Natale: la vocazione a camminare sulla strada percorsa da Gesù, l’uomo che rende possibile all’umanità vivere secondo l’altezza della sua vocazione alla gioia.