Secondo un'antica tradizione, Marino approdò a Rimini nel 257, insieme all'amico Leo, dall'isola di Arbe in Dalmazia per sbozzare la pietra nei pressi del porto. Qui diffondeva il Vangelo tra i suoi compagni, per i quali scavò un pozzo, ancora visibile nel chiostro della Chiesa dei Santi Marino e Bartolomeo. Mossa dal diavolo, una donna giunse dalla Dalmazia e, affermando di essere moglie di Marino, lo accusò di averla abbandonata. Saputo ciò, Marino si allontanò da Rimini e si rifugiò in una grotta sulle pendici del Monte Titano, nel luogo detto Baldasserona. Qui visse da eremita.Alcuni pastori lo videro, parlarono di lui e la donna poté trovarlo. Marino si rifugiò dentro la grotta: dopo: dopo sei giorni di preghiera la donna rinsavì e ritornò a Rimini dove, dopo aver confessato la sua colpa, morì. Marino allora, volendo vivere in solitudine e preghiera portò sulla sommità del monte dove costruì una piccola chiesa.Verissimo figlio di una matrona riminese, proprietaria di molte terre e del monte Titano, salì a provocarlo, ma fu punito con mutismo e paralisi. Portato a, la madre Felicissima comprese l'accaduto e corse dal santo promettendogli qualunque cosa egli volesse. Marino chiese solo la loro conversione e la terra bastante alla sua sepoltura; poi risanò Verissimo e battezzò tutti i suoi famigliari. Felicissima allora gli donò tutto il monte.Marino lasciò la sua cella sul Titano solo quando Gaudenzio, vescovo di Rimini, lo chiamò a sé insieme a Leo, avendo conosciuta la loro fama. Leo, ordinato sacerdote, si recò nel paese che da lui prese poi il nome e così fece Marino che umilmente volle restare diacono. Alla sua morte, nel 301, lasciò la terra avuta in dono alla comunità che gli si era radunata intorno.


Redazione

Secondo un’antica tradizione, Marino approdò a Rimini nel 257, insieme all’amico Leo, dall’isola di Arbe in Dalmazia per sbozzare la pietra nei pressi del porto.
Qui diffondeva il Vangelo tra i suoi compagni, per i quali scavò un pozzo, ancora visibile nel chiostro della Chiesa dei Santi Marino e Bartolomeo.
Mossa dal diavolo, una donna giunse dalla Dalmazia e, affermando di essere moglie di Marino, lo accusò di averla abbandonata.
Saputo ciò, Marino si allontanò da Rimini e si rifugiò in una grotta sulle pendici del Monte Titano, nel luogo detto Baldasserona.
Qui visse da eremita. Alcuni pastori lo videro, parlarono di lui e la donna poté trovarlo.
Marino si rifugiò dentro la grotta: dopo sei giorni di preghiera la donna rinsavì e ritornò a Rimini dove, dopo aver confessato la sua colpa, morì.
Marino allora, volendo vivere in solitudine e preghiera portò sulla sommità del monte dove costruì una piccola chiesa.
Verissimo figlio di una matrona riminese, proprietaria di molte terre e del monte Titano, salì a provocarlo, ma fu punito con mutismo e paralisi.
Portato alla madre Felicissima comprese l’accaduto e corse dal santo promettendogli qualunque cosa egli volesse.
Marino chiese solo la loro conversione e la terra bastante alla sua sepoltura; poi risanò Verissimo e battezzò tutti i suoi famigliari. Felicissima allora gli donò tutto il monte.
Marino lasciò la sua cella sul Titano solo quando Gaudenzio, vescovo di Rimini, lo chiamò a sé insieme a Leo, avendo conosciuta la loro fama.
Leo, ordinato sacerdote, si recò nel paese che da lui prese poi il nome e così fece Marino che umilmente volle restare diacono.
Alla sua morte, nel 301, lasciò la terra avuta in dono alla comunità che gli si era radunata intorno.

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