Erano 52 le coppie che hanno richiesto l'autorizzazione al tribunale del capoluogo lombardo nel 2000, ma si arriva a 203 dal primo gennaio al 30 giugno di quest'anno: ben il 15 per cento del totale nazionale. Questo l'identikit delle coppie che fanno domanda: età tra i 35 e i 44 anni, senza figli, con preferenza per bambini piccoli, tra gli 0 e i 12 mesi. Ma solo il 25 per cento riesce ad avere il bambino. La procedura è molto costosa e i tempi sono lunghi per garantire ai servizi sociali della nazione straniera di conoscere a fondo la famiglia in cui il bambino andrà a vivere. Un'adozione fuori dall'Italia può richiedere tra i 40 e i 45 mila euro. Bisogna anche pagarsi il soggiorno nel Paese d'origine del piccolo e fare una donazione per portare a termine la pratica. E non tutti se lo possono permettere.

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Redazione Diocesi

Erano 52 le coppie che hanno richiesto l’autorizzazione al tribunale del capoluogo lombardo nel 2000, ma si arriva a 203 dal primo gennaio al 30 giugno di quest’anno: ben il 15 per cento del totale nazionale. Questo l’identikit delle coppie che fanno domanda: età tra i 35 e i 44 anni, senza figli, con preferenza per bambini piccoli, tra gli 0 e i 12 mesi. Ma solo il 25 per cento riesce ad avere il bambino. La procedura è molto costosa e i tempi sono lunghi per garantire ai servizi sociali della nazione straniera di conoscere a fondo la famiglia in cui il bambino andrà a vivere. Un’adozione fuori dall’Italia può richiedere tra i 40 e i 45 mila euro. Bisogna anche pagarsi il soggiorno nel Paese d’origine del piccolo e fare una donazione per portare a termine la pratica. E non tutti se lo possono permettere.

di Cristina Conti

A Milano spetta il record italiano delle adozioni. Lo dicono i dati dell’ultimo rapporto della Cai, la Commissione governativa per le adozioni internazionali. Età tra i 35 e i 44 anni, senza figli, con preferenza per bambini piccoli, tra gli 0 e i 12 mesi. Questo l’identikit delle coppie che fanno domanda. Ma solo il 25 per cento riesce ad avere il bambino. La procedura è molto costosa e i tempi sono lunghi per garantire ai servizi sociali della nazione straniera di conoscere a fondo la famiglia in cui il bambino andrà a vivere.

Un’adozione fuori dall’Italia può richiedere tra i 40 e i 45 mila euro. Bisogna anche pagarsi il soggiorno nel Paese d’origine del piccolo e fare una donazione per portare a termine la pratica. E non tutti se lo possono permettere. «Il vero ostacolo sono normative che non aiutano, istituzioni locali con le mani legate, burocrazia irta di ostacoli, colloqui conoscitivi. Insomma una trafila snervante», spiega Marco Griffini, dell’Aibi.

Si inizia con il riempimento di un modulo e con un primo viaggio nel Paese prescelto. Nessuno però sa come e quando finirà. «E’ bene che chi decide di ricorrere a questa procedura sia bene informato di che cosa va incontro, altrimenti si affrontano solo fatiche inutili», aggiunge Griffini.

I bambini adottati sono in prevalenza slavi: ucraini, per il 17 per cento, russi per il 16 per cento. C’è un anche un buon numero di sudamericani. In prevalenza colombiani, con il 9 per cento, brasiliani, 7 per cento. Poi vengono i polacchi 6 per cento, gli etiopi 5 per cento e i bulgari 4 per cento.

Nel mare delle richieste poi latita l’illegalità. Gli operatori raccontano di sciacalli che lucrano sulla sofferenza altrui, ma anche di persone italiane che pensano che l’arrivo di un bambino possa essere lo strumento migliore per riconquistare il coniuge o rinsaldare un’unione. Senza valutare in modo adeguato il compito educativo e la differenza di abitudini, evidente soprattutto con i bambini più grandi. C’è poi chi pensa che l’adozione di un minore possa essere un nodo per aiutare il mondo che soffre o almeno dice così per mascherare il desiderio di volere un figlio a ogni costo.

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