Martedì 16 maggio sono state trovate danneggiate quaranta tombe nel Cimitero ebraico di via Jona a Milano. La scoperta è stata fatta dal personale, che ha avvisato la polizia. Secondo quanto riferiscono gli agenti sono state piegate le testate verticali delle tombe, ma senza tracce di scritte. L'atto vandalico ha lasciato tutti sconcertati.

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Redazione Diocesi

Martedì 16 maggio sono state trovate danneggiate quaranta tombe nel Cimitero ebraico di via Jona a Milano. La scoperta è stata fatta dal personale, che ha avvisato la polizia. Secondo quanto riferiscono gli agenti sono state piegate le testate verticali delle tombe, ma senza tracce di scritte.

di Claudio Mazza

L’atto vandalico di cui è stato oggetto il cimitero ebraico di Milano ha lasciato tutti sconcertati.

I contorni sfuggenti e difficilmente etichettabili dell’insano gesto lasciano molto amaro in bocca. Le indagini effettuate infatti, se da una parte possono permettere di individuare i concreti responsabili –persone con un nome e un cognome, non genericamente una categoria o un gruppo sociale – dall’altra non calmano il turbamento interiore.

Esiste una linea sottile che attraversa i nostri sentimenti e quando viene oltrepassata si animano sensazioni complesse, diverse rispetto alla naturale e spontanea protesta che si esprime nell’alzare la voce. Sono le sensazioni di quando ci si sente intimamente offesi perché sono stati violati i luoghi della pace e della memoria, perché hanno subito violenza amici che hanno fatto parte della nostra città e hanno contribuito a tracciarne il percorso con la loro fatica quotidiana. Persone verso le quali tutti hanno il dovere del rispetto.

E’ l’amara sensazione della tristezza quella che prevale: lo scoprire che abbiamo ancora e sempre bisogno di riaffermare e ricostruire la forza simbolica di certi segni che ci ricordano aspetti essenziali del nostro essere uomini.

Il nostro essere vicini e solidali con la comunità ebraica, che direttamente è stata colpita, vuole esprimersi anzitutto nella condivisione di questi sentimenti, ma soprattutto nella garanzia di un impegno quotidiano, un po’ lontano dal clamore dei proclami, per affermare, difendere e promuovere una cultura del rispetto, della memoria, del dialogo; per costruire una comunità dalle relazioni vere, amicali, solidali.

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