Nel giorno della memoria liturgica di San Paolo VI l’appuntamento in San Gottardo in Corte promosso dal Capitolo dei Canonici del Duomo con l'intervento dell’Arcivescovo
di Annamaria
BRACCINI
Nella festa liturgica di san Paolo VI – 30 maggio, il giorno in cui don Giovanni Battista Montini celebrò la sua prima Messa – non si poteva dimenticare la figura di questo grande uomo di Dio, anche se, secondo il Rito ambrosiano, quest’anno la data coincide con la solennità dell’Ascensione. Per questo il Capitolo Metropolitano della Cattedrale ha promosso, presso la splendida chiesa di San Gottardo in Corte, un interessante e affollato convegno di studi dedicato a “Giovanni Battista Montini-Paolo VI. Gli anni della Missione come Arcivescovo di Milano”. Alla presenza dell’Arcivescovo, prendono la parola storici, esperti e sacerdoti, che si alternano per l’intera mattinata, introdotta dall’arciprete della Cattedrale, monsignor Gianantonio Borgonovo, cui sono accanto tutti i Canonici.
Si presenta anche la grande pala del Cerano che raffigura San Carlo, posta nella sua originaria collocazione a lato dell’altare di San Gottardo. Dipinta prima del 1613 – quasi certamente nel 1610, come attesta una lettera di Carlo Bascapé, nella quale si invita tutti a riprendere l’iconografia di tale tela come rappresentazione esemplare del santo Vescovo -, l’opera rivela finalmente per intero la sua rilevanza.
Di Montini con la «sua dedizione e impegno nella straordinaria esperienza che fu la Missione di Milano», parla l’Arcivescovo: «Montini è stato così significativo che, effettivamente, fa impressione essere successore di tali personaggi santi. Vi è solo da imparare», sottolinea.
Poi l’avvio dei lavori con la comunicazione della studiosa Giselda Adornato, che punta la sua attenzione proprio sulla Missione, indetta dal 5 al 24 novembre 1957. “Fire in Milan”, si intitola la relazione di Adornato, con la definizione che Times diede dell’iniziativa il giorno dopo la sua conclusione: «Essa fu un concentrato delle linee pastorali che l’Arcivescovo svilupperà negli anni successivi: il rapporto con il clero, con i laici e gli artisti, con la modernità, la città». E fuoco fu davvero, «tanto che un altro settimanale, Paris Match, la chiamò “Mission monstre”. Persino nel Discorso di chiusura del Concilio Montini riprenderà alcuni temi già presenti nell’annuncio della Missione, eventi definiti entrambi “L’ora di Dio”».
Sintesi, insomma, dell’intera visione montiniana dell’evangelizzazione, fu la Missione che, «straordinaria soprattutto in quanto sforzo supremo nella trasmissione della fede, potrebbe dunque considerarsi lo specchio dell’intera esperienza episcopale, nei suoi momenti di lavoro alacre e fiducioso e in quelli dei bilanci pensosi e severi. Senz’altro, nella fatica di un Vescovo che rispose alla febbre del nostro tempo con un impegno quotidiano anch’esso febbrile».
La personalità di Montini viene poi analizzata nel suo rapporto con il Duomo, attraverso l’articolata relazione, “Pietre che cantano, linee che incantano”, proposta dal viceprefetto della Biblioteca Pinacoteca Ambrosiana, monsignor Marco Navoni. Quella Cattedrale, simbolo di fede, casa di tutti i milanesi, luogo in cui vi è Dio, che fu carissima a Montini: «Cattedrale posta al centro della città che rimanda alla centralità della presenza di Dio nella vita degli uomini. Ma più a fondo, il suo “mistero” sta nel fatto che essa è il luogo privilegiato della presenza viva e reale di Cristo, visibilizzata dall’altare e dal tabernacolo, con l’Eucaristia». Così, persino l’architettura si fa emblema di trascendenza. «Il movimento ascensionale insito nella struttura gotica del Duomo diventa, per l’Arcivescovo, un invito a trascendere la pura materialità del dato architettonico stesso per trovarvi un significato superiore: la tensione verso l’alto, verso lo spirituale, la tensione verso Dio».
È, invece, il prefetto dell’Ambrosiana, monsignor Marco Ballarini, a delineare la relazione tra il Santo e gli scrittori: «Rapporto di rispetto e di amicizia con tanti nomi famosi italiani e stranieri, occasione di dialogo di alto livello spirituale come, in alcuni casi, di semplice aiuto quotidiano».
Si prosegue con la preghiera e con “L’Arcivescovo Montini e l’arte”, nella comunicazione di Paolo Sacchini, direttore della Collezione di Arte Contemporanea Paolo VI di Concesio. La conclusione non può che essere un affresco degli aspetti della modernità al cui confronto il Santo papa e arcivescovo non si sottrasse mai, impegnandosi e pagando di persona, con coraggio e lungimiranza, secondo quanto approfondisce il docente di Storia contemporanea dell’Università di Macerata, Edoardo Bressan.