Redazione

Si è indugiato a trattare della fase iniziale del Duomo, perché fondamentale per capire il suo linguaggio architettonico e scultoreo e per far luce sulla genesi del suo straordinario gotico.

Già attorno al 1394, sotto la direzione di Filippino degli Organi e su un progetto iniziale di Nicola de’ Bonaventis, si era concluso il finestrone dell’abside, mentre assai avanzati erano i due laterali; nel 1404 venne ultimata la prima guglia, detta Carelli dal nome di un generoso benefattore, con la posa della statua terminale raffigurante il duca Gian Galeazzo Visconti.

Nel 1407, per un finestrone della sacrestia settentrionale, vennero affidate ai pittori lombardi le prime vetrate-campione; attorno al 1415 furono ultimati e completati dalle volte a crociera l’abside, il presbiterio e il coro, i due bracci del transetto con esclusione delle absidiole terminali, e impostati i primi piloni delle navate verso la facciata, man mano demolendo la basilica di Santa Maria Maggiore che, con l’abside all’altezza della grande crociera del Duomo, occupava l’attuale navata centrale per circa i due terzi. Poiché una copertura provvisoria si ergeva al di sopra dei quattro piloni centrali, in attesa di costruire la cupola, quando il 16 ottobre 1418 papa Martino V, chiamato dai milanesi che volevano vedere officiata la nuova cattedrale, consacrò l’altare – era lo stesso di Santa Maria Maggiore –, questo fu necessariamente trasferito nella parte coperta al centro della curvatura del coro.

Dopo un rallentamento dei lavori dovuto alle lotte intestine tra i Visconti e all’avvento della Repubblica Ambrosiana, con la conquista del ducato (1450) da parte di Francesco Sforza e poi con l’ascesa al potere di Galeazzo Maria Sforza ripresero le attività di cantiere del Duomo. Furono abbattuti parte dell’Arengo Ducale (in luogo dell’attuale Palazzo Reale), gran parte della basilica di Santa Tecla e quanto restava di Santa Maria Maggiore: il cantiere si arricchì di forti personalità come gli architetti Filarete, Giovanni e Guiniforte Solari, gli scultori Giovanni Antonio Amadeo, Gian Giacomo Dolcebuono, i Mantegazza, Benedetto da Briosco e altri.

La definitiva concessione delle cave alla Fabbrica da parte di Galeazzo Maria (21 agosto 1473) ormai garantiva al cantiere la necessaria e durevole fornitura di marmo di Candoglia. Le cinque navate proseguirono alacremente fino a tre campate prima della facciata, mentre all’esterno e sui piloni andavano a collocarsi centinaia di statue d’ogni dimensione e un apparato di ornato scultoreo di raffinata esecuzione. Anche l’arte vetraria segnò una ripresa vigorosa che vide impegnati molti maestri lombardi, tra i quali Cristoforo de’ Mottis , Niccolò da Varallo e Antonio da Pandino.

Nel 1490, dopo aver chiesto progetti e modelli per la soluzione della cupola a Leonardo da Vinci, Francesco di Giorgio Martini, Donato Bramante e altri noti architetti, l’ardita costruzione venne affidata all’Amadeo e al Dolcebuono, che la portarono a termine il 24 settembre 1500.

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