Il 14 giugno il primo pranzo con le eccedenze alimentari di Expo offerto alle persone sole del quartiere. Il parroco don Giuliano Savina agli ospiti: «Questo cibo poteva essere buttato, invece allieta la vostra giornata»
di Generoso SIMEONE
A Milano c’è un nuovo luogo di carità dove si fa cultura del cibo e dove il cibo non si spreca. È il Refettorio Ambrosiano, nel quartiere di Greco, dove un teatro in disuso degli anni Trenta è stato trasformato in qualcosa di più di una mensa per i poveri. Perché la struttura, oltre ad accogliere persone bisognose segnalate dalla Caritas, si apre anche alle esigenze del quartiere. Ed ecco allora il primo pranzo dedicato a chi generalmente consuma i pasti “da solo”, organizzato domenica 14 giugno.
«Mangiare insieme e farlo in un luogo bello è una grazia. E allora ringraziamo per questa grazia». Una breve preghiera di monsignor Carlo Faccendini, vicario episcopale per la città di Milano, e poi via con le portate, nel rispetto della bella intuizione del Refettorio, dove non si fa la spesa per cucinare, ma si trasformano in menù le eccedenze che arrivano da Expo. Risultato: un antipasto di insalata capricciosa, funghetti, finocchi e pane tostato; un bis di primi con pasta al pesto e ravioli; un secondo di polpette di carne e patate al forno e l’immancabile gelato di frutta “troppo matura” recuperata dall’Esposizione.
In sala c’è Davide Rampello, che col pluristellato chef Massimo Bottura un anno fa ha scommesso su questo progetto. Agli invitati al pranzo dice: «Il Refettorio è il nostro modo per dire no allo spreco del cibo. Se nel mondo il 30% di quanto viene prodotto viene buttato, 850 milioni di persone soffrono la fame e, paradosso di questa società, oltre un miliardo è affetto da obesità».
In un clima di stupore, curiosità e allegria consumano il pranzo 96 persone “sole” invitate dalla parrocchia. Bianca interviene per prima: «È tutto buono e non lavo neanche i piatti», scherza. Giuseppina ha ritrovato dopo anni la sua maestra delle elementari. Gilda mai avrebbe pensato potesse essere così bello. Per Sergio, «è una grande festa, dove il mangiare sottolinea la simpatia dello stare insieme». «Com’è il pranzo?», chiede don Giuliano Savina, illuminato parroco di Greco che guida l’esperienza del Refettorio. «Buono», è la risposta all’unisono. «Pensate che questo cibo allieta la vostra domenica, ma poteva fare un’altra fine – continua don Giuliano -. Da oggi, invece, voi siete portatori di questo lieto annuncio. Tornate allora nei vostri condomini e raccontate l’esperienza perché solo così faremo conoscere il Refettorio e diffonderemo la cultura del cibo».
Prende la parola don Roberto Davanzo, direttore della Caritas Ambrosiana, chiamato a commentare l’emergenza profughi che vive Milano. «Vi dico i nomi di due paesi per capirci: Siria ed Eritrea. Le famiglie che incontriamo scappano da lì con i figli e tra queste c’è anche chi li ha persi tutti e quattro in mare. Poi ci sono i delinquenti, non lo voglio negare, ma la stragrande maggioranza è gente disperata che scappa. Come offrirgli dignità, allora, e avere in cambio sicurezza per noi? Non ho soluzioni facili a questa tragedia umanitaria. Dico solo: impariamo a chiamarli con il nome giusto, non sono clandestini, non ci vogliono fregare. Non litighiamo tra noi seminando zizzania. Passiamo di lì e guardiamoli in faccia. Questo basterebbe ad allargare un po’ il cuore». A chiudere interviene monsignor Faccendini: «Ho conosciuto un parroco che faceva venire vino speciale e lo offriva ai poveri: “Sento così di rispettarli”, diceva. Questo è un luogo che dice rispetto, coniuga cuore, passione, amore e bellezza. E voi ne dovete essere orgogliosi».