Marco Casa, giornalista di Radio Marconi, in vacanza con la famiglia nella città francese, ha assistito ai fuochi d’artificio lontano dal luogo della strage: «Qui è tutto bloccato, anche se si cerca di tornare alla normalità. Non so se la gente sia più rassegnata o incredula». Ma è convinto che l’odio e la paura non prevarranno

di Stefania CECCHETTI

Marco Casa

Sono tanti gli italiani che questa mattina si sono svegliati in una Nizza sconvolta dalla strage della notte scorsa. La nostra comunità nella principale località della Costa Azzurra è infatti molto nutrita, sia di residenti, sia di proprietari di seconde case. Tra loro anche un giornalista di Radio Marconi, Marco Casa, proprio in questi giorni lì in vacanza con la famiglia. Per fortuna nessuno di loro ha corso alcun rischio ieri sera: hanno visto i fuochi d’artificio come tutti, ma vicino alla loro casa, che si trova lontana dal luogo della strage.

«Stamattina il clima è surreale – ci racconta -. Intanto perché è surreale vedere la spiaggia deserta il 15 luglio, per di più in una giornata molto calda. Le autorità hanno chiuso l’accesso al mare e la costa è battuta dalle motovedette. E poi tutta la città è bloccata: hanno chiuso la Promenade, che non è solo una celebre passeggiata lungomare, ma un’arteria di comunicazione vitale tra aeroporto e porto, con la sua doppia carreggiata a tre corsie ciascuna».

Di contro, nelle vie parallele, la vita tenta di riprendere una parvenza di normalità. Marco ci parla dai tavolini di un piccolo bar di un quartiere periferico, dove si trova con la moglie e la loro figlia piccola. Stamattina ha preferito fare il papà, piuttosto che il giornalista trovatosi per caso al centro della notizia: «I negozi e i caffè sono aperti come fosse un giorno qualsiasi – spiega -, e se dovessi descrivere i volti delle persone non li definirei terrorizzati. Non so se sia rassegnazione o una sorta di incredulità. Certo, vedo gente che si saluta e si ritrova con sollievo. E alle finestre, di solito chiuse perché tutti sono in spiaggia, si vedono tante persone al cellulare. Proprio come me, che sono al telefono da stamattina per rassicurare amici e parenti». Anche sulla pagina Facebook degli italiani in Costa Azzurra – racconta Casa – da ieri sera è un continuo rassicurarsi e ritrovarsi, «ed è stato proprio un italiano a dare per primo la notizia sul social, ieri sera, seguito da Nice Matin e da Repubblica. Era proprio sul luogo della strage, sua moglie adesso è sotto choc».

Marco Casa viene in vacanza a Nizza da molti anni. Gli chiedo se in una Francia definita da un anno e mezzo “sotto attacco” dallo stesso presidente Hollande si sia mai sentito in qualche modo minacciato: «Sì, ci era passato per la testa di essere poco al sicuro, come a molti altri italiani di casa a Nizza. Proprio ieri pomeriggio ho incontrato dei parenti sulla Promenade, dove poi sarebbe successo tutto, e ci siamo detti che con la festa nazionale il rischio era alto. Era un evento di massa, infatti erano schierati polizia ed esercito, ma non è bastato».

Eppure la paura non ha la meglio, nemmeno stamattina: «Anticipiamo la partenza di un paio di giorni, visto quello che è successo. Ma già non vedo l’ora di ritornare, in agosto», dice Casa. E se quella dell’odio può sembrare una risposta facile, oggi, Marco ci ricorda che proprio a Nizza il percorso della multiculturalità è ben avviato: «Qui vive una grossa comunità musulmana. Nei giorni del Ramadan si vedono tantissime famiglie musulmane, soprattutto algerini, che dopo il tramonto si ritrovano in spiaggia per mangiare e fare il bagno. Anche ieri, sulla Promenade, c’era gente di ogni etnia».

Certo, le contraddizioni ci sono anche qui, prosegue: «Nizza è una città elegante e lussuosa, al centro della Regione più ricca di Francia. L’aeroporto è il secondo del Paese dopo il Charles De Gaulle per numero di voli. Come tutte le città ricche ha le sue banlieue e i suoi germogli di integrazione: so che c’è il progetto di costruire una moschea in città, con tutte le polemiche del caso. Insomma, è una città dalle mille sfaccettature». E conclude: «Anche l’attentatore tunisino era nizzardo. Solo che ieri sera, invece di prepararsi per la discoteca, si è preparato per la guerra santa».

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