L’unità dei cristiani oggi nelle parole del Papa

di Marco DOLDI

Una Settimana, quella di preghiera per l’unità dei cristiani, che non può lasciare tranquilli. Nell’udienza odierna Benedetto XVI ha ricordato che in questi giorni «è particolarmente vivo il rammarico per l’impossibilità di condividere la stessa mensa eucaristica». Questo è il segno che, purtroppo, si è ancora lontani da realizzare quella unità per cui Cristo ha pregato. Tuttavia non mancano segni di speranza. Il celebrare insieme questa Settimana testimonia già «il profondo legame» che esiste tra tutti i credenti in Cristo. È un buon punto di partenza, non solo a motivo del desiderio di ritrovarsi insieme, ma soprattutto per la convinzione che l’unità dei credenti è un dono che viene dall’alto e, per tanto, va impetrato con la preghiera.
Pregare insieme è già partecipare realmente all’unità, perché rende presente Cristo Signore. “Dove sono due o tre adunati nel mio nome…” (Mt. 18,20): la presenza di Cristo è la condizione di realizzazione dell’unità tra tutti i credenti. Egli comunica la sua stessa relazione con il Padre nello Spirito e, in questa, abbraccia tutto il mondo, radunando gli uomini nella sua Chiesa.
L’impegno ecumenico, condotto con generosità da tanti uomini e da tante donne, non solo in questa Settimana, ma in tutte le altre, è fondamentalmente un accogliere la relazione trinitaria, la sola capace di far crescere nella comunione. Come sempre il vero agire dell’uomo è lasciare spazio all’iniziativa dirompente del Dio trinitario.
Il Papa ha voluto ricordare il carattere penitenziale che caratterizza la preghiera di questi giorni. Cattivo gusto? In realtà, è sano realismo ricordare la dolorosa esperienza della divisione che ancora impedisce che tutti i cristiani possano nella verità riunirsi intorno alla mensa del Signore per spezzare insieme il pane eucaristico e bere allo stesso calice. La Chiesa di Cristo soffre anche oggi per queste lacerazioni e domanda a tutti «un impegno ancora più generoso», ha detto il Papa. Le sue parole sono di grande rilievo e si comprende che si inseriscono in quella grande riforma che egli sta fermamente realizzando. Il suo desiderio sembra essere quello che il rinnovamento voluto dal Concilio sia attuato in tutte le sue dimensioni: dalla liturgia all’ecumenismo, dalla formazione del clero alla presenza dei laici nel mondo per rendere visibile il volto di Dio. Una forma di vita, sempre normativa e riproposta in questi giorni di preghiera, è quella della prima comunità cristiana di Gerusalemme, così come è descritta dagli Atti degli Apostoli. Lo Spirito Santo discende su persone di diversa lingua e cultura e costituisce la Chiesa: pur nelle legittime differenze lo Spirito crea un unico corpo.
Unità non significa uniformità. Se ne è avuta prova nella recente decisione di costituire la struttura degli Ordinariati per accogliere i ministri e i fedeli che dall’Anglicanesimo entrano nella Chiesa cattolica. Queste strutture permettono di mantenere intatta la fede apostolica, senza perdere la ricchezza delle proprie tradizioni liturgiche e del proprio patrimonio teologico. Ma, ancora prima, sono testimonianza i molteplici riti e le molteplici tradizioni mantenute all’interno della Chiesa. Nella sua catechesi Benedetto XVI ha richiamato quattro caratteristiche, che definiscono la prima comunità cristiana come luogo di unità e di amore. Pilastri che ancora oggi costituiscono il fondamento sul quale “progredire nella costruzione dell’unità visibile della Chiesa”. In primo luogo, l’ascolto dell’insegnamento degli apostoli, che hanno annunciato il Vangelo del Signore. Ancora oggi, la norma della fede, la costruzione dell’unità tra tutti i cristiani “passa attraverso l’approfondimento della fedeltà al depositum fidei trasmessoci dagli apostoli”. C’è, poi, l’elemento della comunione fraterna, che è l’espressione visibile, la testimonianza per il mondo dell’unità tra i discepoli del Signore. Il cammino ecumenico è progredito notevolmente anche attraverso gli sforzi di fraternità e di cooperazione messi in opera in questi decenni. Ancora, il momento della frazione del pane, in cui il Signore stesso si rende presente “con l’unico sacrificio della croce nel suo donarsi”. Infine la preghiera che è “partecipazione alla preghiera di Gesù” ed “esperienza filiale”.
Lo sforzo ecumenico non è solo un impegno ecclesiale, ma è anche qualche cosa che si deve al mondo; è il buon annuncio, fondato sulla fede e sulla ragione, che Dio è il punto di riferimento per tutti.

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