Minori e adulti vittime di sfruttamento sessuale, lavorativo, traffico di organi e adozioni. Un mercato da 32 miliardi di dollari difficile da combattere. Parla la responsabile Area “Maltrattamento donna” di Caritas Ambrosiana

di Luisa BOVE

Suor Claudia Biondi
Suor Claudia Biondi

Lunedì 8 febbraio, festa di Santa Giuseppina Bakhita, si celebra la Giornata mondiale contro la tratta, voluta da papa Francesco. Per l’occasione Kailash Satyarti, indiano, premio Nobel per la pace, da anni impegnato nella difesa dello sfruttamento minorile, sarà a Milano per una serie di eventi dal titolo «Mai più schiavi».

Nel XXI secolo la tratta è ancora una piaga, nonostante le leggi e la lotta contro lo sfruttamento degli esseri umani? «Purtroppo sì – dice suor Claudia Biondi, responsabile Area “Maltrattamento donna” di Caritas Ambrosiana -, continua a essere uno dei problemi più grandi legati agli spostamenti delle persone, anche dal punto di vista del reato e dello sfruttamento. È chiaro che le guerre spostano molte più persone, ma la tratta degli esseri umani, che nasce come delitto, reato, offesa alla dignità personale, è uno dei motivi di maggiore preoccupazione nel nostro pianeta. A cominciare dai minori molto piccoli, vittime di sfruttamento sessuale o lavorativo, traffico di organi e adozioni».

È di questi giorni la notizia di migliaia di bambini scomparsi…
e di cui non si sa niente. Quindi è chiaro che dietro c’è la tratta, il traffico, lo sfruttamento. Ma oltre ai bambini, anche donne e uomini in tutto il mondo vengono trafficati per scopi precisi. L’Europa è intervenuta con una serie di dichiarazioni e decreti che, da un lato, definiscono la tratta e, dall’altro, indicano gli strumenti di contrasto e di assistenza e attenzione alle vittime.

Quali sono le nazionalità più colpite?
In Italia abbiamo un numero elevato di donne che provengono da Nigeria, Romania e Albania, nazionalità che continuano a essere presenti con picchi più o meno alti. Sul nostro territorio la tratta è finalizzata per lo più allo sfruttamento sessuale e lavorativo. Ma se la tratta sessuale è la più conosciuta, e facile da definire, individuando le vittime, quella legata allo sfruttamento lavorativo è più complessa perché si inserisce anche nel lavoro nero. Ci sono persone che arrivano da Paesi subsahariani, Nord Africa, Est europeo, Cina… Tra i cinesi c’è molto sfruttamento, ma interventi di repressione, contrasto e lotta sono difficili perché la complicità da parte delle vittime è molto forte. In tutti i loro canali è presente anche lo sfruttamento sessuale collegato ai centri massaggi.

E in Lombardia qual è la situazione?
Sappiamo che in Pianura Padana ci sono gruppi di indiani che lavorano nelle fattorie dove c’è traffico; lo stesso avviene nelle raccolte di frutta e verdura in tutta Italia. Il progetto di Caritas Italiana in corso in vari ambiti, soprattutto dell’agricoltura, tenta da una parte di avere informazioni, dall’altra di portare assistenza alle persone. I problemi del traffico degli esseri umani sono davvero enormi.

La Giornata mondiale aiuta a sensibilizzare l’opinione pubblica, sempre un po’ distratta…
Questa giornata è fortemente voluta dal Papa proprio perché il fenomeno investe il mondo e non si può rimanere indifferenti. Occorre non abbassare la guardia e continuare a parlarne, a sensibilizzare. Anche perché il tema della tratta rischia di essere subordinato al grande dibattito sulla presenza di masse di immigrati in arrivo in Europa. I due fenomeni – tratta e immigrazione di profughi e rifugiati – sono strettamente intrecciati; ma non bisogna occuparsene solo dal punto di vista della difesa dei territori e della sicurezza.

Oggi il business della tratta rende 32 milioni di dollari all’anno ed è uno degli affari più redditizi al mondo. Ci sono troppi interessi in gioco per immaginare che questo fenomeno possa ridursi?
È un traffico che produce ricchezza direttamente, ma al di là di quello per sfruttamento sessuale, è chiaro che lo sfruttamento lavorativo provoca una riduzione dei costi di produzione non certo a vantaggio dei consumatori, ma di chi produce. Trovo molto interessante l’affermazione del Papa: «Anche tu consumatore ti devi preoccupare che ci sia un’etica dietro a quello che consumi e non pensare solo al costo».

 

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