Sergio Malacrida, responsabile per Europa Orientale e Asia di Caritas Ambrosiana, racconta la sua recente missione nei Balcani, dove migliaia e migliaia di profughi sono bloccati alle frontiere: «Non servono muri e confini, ma un approccio globale e umano»

di Cristina CONTI

Sergio Malacrida
Sergio Malacrida

Un esodo che coinvolge ormai centinaia di migliaia di persone, il più grande dalla fine della seconda guerra mondiale. Per aiutare i profughi che arrivano in Europa la Caritas sta attivando numerose iniziative e, per monitorare le loro condizioni, Sergio Malacrida, responsabile per Europa Orientale e Asia di Caritas Ambrosiana, a inizio marzo è partito con alcuni colleghi in missione congiunta in un viaggio a ritroso sulle rotte dei migranti. «Chi scappa dal proprio Paese per cercare rifugio in Europa attraversa disagi impensabili – racconta Malacrida -. Più ci spostavamo verso il basso, peggiori erano le condizioni delle persone. Se in Croazia c’è un minimo di accoglienza, in Grecia non è così. Vicino alla pompa di benzina Eco di Policastro abbiamo visto circa mille persone prive di accesso ai servizi minimi».

Scappare dal proprio Paese in cerca di una vita migliore, intraprendere viaggi faticosi ed estenuanti a rischio della vita, e poi ritrovarsi bloccati senza nulla, all’aperto o in sistemazioni di fortuna, perché le frontiere sono state chiuse: è il destino che accomuna molti profughi venuti in Europa. «Il diritto a essere accolti, ascoltati e difesi riguarda tutti, indipendentemente dalla nazionalità – sottolinea Malacrida -. Le frontiere sono state chiuse progressivamente, prima agli afghani, poi agli iracheni e adesso ai siriani. Il diritto di protezione internazionale non viene rispettato in nessun modo. Viene fatta una selezione arbitraria sulla base della nazionalità. E tutto questo non fa altro che aumentare l’illegalità». Se prima, infatti, chi voleva venire in Europa doveva pagare una cifra abbordabile, adesso i costi sono aumentati perché ci sono rischi maggiori. In loco, poi, si moltiplicano i “passaggi” illegali, che promettono di oltrepassare i confini nazionali senza conseguenze. I migranti devono prendere un biglietto del traghetto per raggiungere Atene, poi un pullman per il confine macedone, ma spesso non sono informati e non conoscono la lingua, così acquistano passaggi da gente del posto e spesso vengono scaricati nel nulla, senza più sapere dove andare e a chi rivolgersi. «È importante lavorare sulle cause di questo fenomeno, altrimenti cambiano soltanto le rotte», aggiunge Malacrida.

La rete organizzativa della Caritas sta promovendo una grandissima mobilitazione: anche in Paesi in cui la presenza cattolica è minoritaria – come Serbia, Macedonia e Grecia – volontari e professionisti sono presenti nei campi 24 ore su 24, con cibo, sostegno e assistenza legale. Molti sono poi i minori non accompagnati, separati dalle loro famiglie durante il viaggio o rimasti solo perché i genitori sono morti. Per loro viene attivata un’assistenza specifica.

Le persone che arrivano devono transitare in percorsi obbligati che non si possono fare in autonomia: «Rimangono in attesa per ore, giorno e notte, per il controllo dei documenti e poi ancora in attesa per aspettare lo svuotamento dei campi, quando altri vengono fatti entrare. Mentre i volontari distribuiscono coperte e cibo caldo. Bisogna continuare a dare sostegno alla Grecia, sul cui territorio rimane un grandissimo numero di persone». Molti sono ancora ospitati provvisoriamente in alberghi o appartamenti.

Povertà, cambiamenti climatici, conflitti: sono tante le situazioni drammatiche che costringono le persone a migrare verso altre terre. Tra quanti aspettano di entrare in Europa, non ci sono solo persone provenienti dal Medio Oriente, ma anche dal Nord Africa e dalla Bolivia. «È importante affrontare la situazione in modo globale e umano. Non servono muri e confini», conclude Malacrida. Proprio per sensibilizzare su questi temi, sabato 16 aprile la Caritas organizzerà un convegno dal titolo “Europa terra promessa: esodo e tentazione dei muri”, che cercherà di capire le prospettive della politica europea sull’immigrazione e dare risposte dignitose e umane per i migranti.

 

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