Il cimitero paleocristiano è un sito di primaria importanza per la storia antica della metropoli. Parte da qui, con un nuovo percorso per il pubblico, il grande progetto che valorizzerà i beni archeologici di Milano e che vede la Diocesi in prima fila.
Testo e foto di Luca FRIGERIO
Le mani sono alzate, le braccia allargate. Ma non si sta arrendendo questo giovane uomo dalla pettinatura a caschetto, forse un ufficiale (a giudicare dal mantello di foggia militare trattenuto sulla spalla da una fibula), ritratto su un frammento marmoreo. Il suo è l’atteggiamento dell’orante, il gesto del cristiano che eleva al Padre la sua preghiera, in una delle più antiche immagini di questo tipo giunte fino a noi…
Siamo a Milano, nei sotterranei di Sant’Eustorgio, la basilica dei Magi. In quel cimitero paleocristiano che reca le prime tracce dell’evangelizzazione della città, proprio là dove una radicata tradizione medievale poneva l’inizio della missione apostolica di Barnaba. Un sito archeologico di straordinaria importanza, che in questi mesi è stato oggetto di una serie di opere di riqualificazione e che oggi, in concomitanza con le celebrazioni per i 1700 anni dell’Editto di Milano, viene riconsegnato al pubblico con un percorso più agevole e ricco di informazioni. Un intervento che rappresenta, in realtà, la prima tappa di un grande progetto che interesserà tutte le vestigia antiche di Milano, in vista di Expo 2015.
Già gli scavi dei primi anni Sessanta del secolo scorso, del resto, hanno evidenziato come la basilica di Sant’Eustorgio sia sorta su un’estesa zona funeraria, lungo la via per Ticinum (Pavia), a circa mezzo miglio dalle mura romane. Una necropoli in cui gli archeologi hanno individuato diverse fasi d’uso, dal III secolo fino a tutto l’altomedioevo, con il passaggio cioè da sepolture secondo l’uso pagano a quelle chiaramente identificabili come cristiane. Allo stesso modo, accanto a tombe piuttosto imponenti, realizzate in mattoni e lastre di serizzo (a volte contenenti gioielli e monete), sono state rinvenute anche inumazioni in bare lignee o nella nuda terra, a indicare così la presenza di sepolture più povere accanto a quelle di personaggi di un certo rango sociale.
Particolarmente interessante è il materiale epigrafico emerso nell’antico cimitero di Sant’Eustorgio, che i visitatori oggi possono osservare in una disposizione accessibile e ordinata. È il caso del cippo funerario dello schiavo fanciullo Cardamione, ancora decorato in stile pagano e riferibile al III secolo. Certamente cristiana, invece, e chiaramente datata all’anno 377, quindi agli inizi dell’episcopato di Ambrogio, è l’epigrafe sepolcrale di Vitturino, che è definito
Altre iscrizioni, inoltre, offrono informazioni sulla longevità dei defunti. Si legge, infatti, che un certo Domese, ad esempio, visse fino a novant’anni, mentre tale Asteria sembra abbia festeggiato addirittura gli ottant’anni di… matrimonio! Età davvero eccezionali, se si considera che in epoca tardoantica l’aspettativa di vita era attorno ai quarant’anni…
Per i cristiani delle origini, tuttavia, la data della depositio, cioè della sepoltura, non era importante come fine della vita terrena, ma in quanto principio di quella nuova. In questo senso potrebbe essere letta anche l’insolita sequenza “omega-alfa” ai lati del cristogramma in un’epigrafe del IV secolo della necropoli di Sant’Eustorgio: non si tratterebbe, cioè, di un errore di inversione fra la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto greco, ma probabilmente la precisa volontà di sottolineare come proprio la morte segni il passaggio all’eternità.