Il cardinale Scola ha presieduto, in Duomo, celebrazione vespertina in Coena Domini del Giovedì Santo, preceduta dal rito della Lavanda dei piedi, per la prima volta compiuto anche su sei donne
di Annamaria BRACCINI
Nella Cattedrale in penombra il Cardinale compie il rito della Lavanda dei piedi su dodici Membri del Consiglio Pastorale Diocesano tra le quali, per la prima volta, sei donne.
Si apre così, con una sorta di novità resa possibile dal decreto del cardinale Sarah che ha accolto un desiderio espresso dallo stesso Pontefice, la Messa in “Coena Domini” con cui inizia il Triduo Pasquale, la celebrazione vespertina che ripercorre i momenti iniziali della Passione del Signore.
Il rito della Luce, a indicare l’irrompere della luce della Grazia, il canto, il “Passio” di Matteo – nella strutturazione liturgica, peculiare del Rito ambrosiano e la cui lettura verrà proseguita il Venerdì – immergono in profondità nei tragici avvenimenti dei giorni santi. Una memoria viva, dolorosa e che fa pensare ancora di più, con i tragici fatti di terrorismo, agli innocenti che perdono la vita, ai martiri, al male contrapposto al bene.
«Per decenni ci siamo voltati dall’altra parte di fronte alle tragedie del Medio Oriente e dell’Africa. Ora speriamo di non voltarci dall’altra parte anche di fronte ai fatti di Bruxelles».
Proprio perché l’istituzione, con l’Ultima Cena, dell’Eucaristia «rovescia la situazione di peccato, documenta un imponente dono di Grazia» ed entrando nella Passione – come sottolinea la liturgia ambrosiana– Gesù ci spalanca le porte della misericordia».
Una misericordia che appare, mai come oggi, necessaria. «L’Alleanza Pasquale in Cristo è l’alleanza in cui Dio ha chiesto tutto a se stesso e non ha posto nessuna condizione previa agli uomini, anche se nemici e traditori» e, si potrebbe aggiungere, non ne riserva nemmeno a noi uomini e donne del terzo millennio, noi che «cadiamo nell’oblìo che conduce all’incredulità».
Come il popolo d’Israele nel deserto, che mette alla prova il Signore, dicendo: “Il Signore è in mezzo a noi sì o no?», siamo tentati di farci contagiare da questa sfida scettica. «Così le nostre famiglie si riempiono di discordie e di ferite, le comunità cristiane si frammentano in un pulviscolo di gruppi generosi, ma con il rischio che, in esse, non brilli più la bellezza convincente dell’unità, dell’essere una cosa sola».
Un monito che vale anche, e, forse, ancora di più, per la società, anzi nelle nostre «società plurali in cui la dimenticanza di Dio trasforma opinioni di singoli e di gruppi in radici di estraneità che giunge fino a produrre inimicizia. Ne patiamo tutti, a partire dagli ultimi, perché senza riconoscere lo sguardo misericordioso di Dio la giustizia stessa è meno giustizia, l’uguaglianza è meno uguaglianza». Per questo l’essere messi di fronte al «mistero eucaristico della fede che, già in antico, veniva definito il “bell’amore”», pone uno sguardo nuovo, una “passione eucaristica con cui l’uomo e la donna di oggi devono guardare al dolore, alle fatiche e alle gioie, al rapporto con i fratelli nella comunità e in quello di amicizia solidale con i concittadini». Conclude il Cardinale.
E, a conclusione della Comunione, l’Eucaristia, in processione, viene portata all’altare laterale della Riposizione, dove resterà fino alla Veglia Pasquale.