Il Cardinale ha presieduto in Duomo la celebrazione del 1° gennaio, presenti i Ministri e i Rappresentanti del Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano. Forte l’auspicio dell’Arcivescovo per collaborare, in modo attivo, alla pace

di Annamaria BRACCINI

messa pace

Nel vero Capodanno che è la nascita di Cristo, inizio del tempo e della storia, e in quello che dà avvio a un 2017 già macchiato di sangue, l’appello che si alza anche dal Duomo di Milano, come da piazza San Pietro, è a essere costruttori di pace. 
A chiederlo con forza, di fronte ai moltissimi che sono riuniti in Cattedrale, è il cardinale Scola che presiede la Messa dell’Ottava del Natale del Signore, concelebrata da oltre 20 sacerdoti. Con l’Arcivescovo siedono, in altare maggiore, i Ministri del Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano (CCCM). «La vera benedizione è la compagnia del Dio Bambino che ci custodisce lungo il cammino della nostra esistenza. Contemplando un simile avvenimento si capisce che il vero capodanno è la nascita nella carne del Figlio di Dio. Non a caso, ancora oggi, a partire da questo evento in gran parte del mondo, si contano ancora gli anni», osserva subito il Cardinale.
Se, infatti, il nome di Gesù è l’unico nome che la nostra speranza può invocare, proprio «i momenti drammatici che stiamo vivendo ci devono spingere a questa continua invocazione di speranza». 
Speranza che è salvezza, come dice il nome – che nel linguaggio semitico indica la verità e la totalità della persona – messo al Bambino Gesù, “Dio salva”. 
Evidente quella che Scola definisce «la forza di questo nome» su cui deponiamo tutta la nostra speranza. «La potenza di Dio è quella di salvare, redimere, ossia l’esatto contrario del distruggere e dell’annientare». 
Ovvio che il pensiero vada agli attentati: «Per questo preghiamo per la pace anche di fronte ai tragici atti che si sono ripetuti nelle prime ore di questo nuovo anno. Ecco perché papa Francesco nel Messaggio per la celebrazione della 50° Giornata Mondiale della Pace giunge ad affermare: “La violenza è una profanazione del nome di Dio. Non stanchiamoci mai di ripeterlo: “Mai il nome di Dio può giustificare la violenza. Solo la pace è santa. Non la guerra!”».
Torna il riferimento al Santo Padre che, nello stesso Messaggio, indica nella non violenza attiva la strada per giungere alla pace. «Questo metodo ci tocca anzitutto di persona e va vissuto al livello delle relazioni costitutive – famiglia, vicinato, comunità ecclesiale, realtà civile delle nostre città e quartieri – in cui siamo immersi. Per la pace tra i popoli, perché sia possibile superare la condizione di guerre e di terribile terrorismo, dobbiamo offrire ai potenti di questo mondo un tessuto civile adeguato quale solo uomini di pace sono in grado di tessere pazientemente». 
Una pace che, per i cristiani, si fonda sul primo pilastro della fede: il Mistero dell’Incarnazione, scandisce ancora l’Arcivescovo 
«La logica dell’Incarnazione, l’esperienza di essa, è una logica di salvezza che include e non esclude. Non sfugge di certo quanto il mistero del Dio che si fa Bambino, inaugurando questa logica inclusiva, detti passi decisivi per la nobile e sempre dolorosa impresa della costruzione della pace». 
Nello stile della continuità esemplare, creata da Cristo, tra Antico e Nuovo Testamento, così anche «il criterio della valorizzazione dell’antico all’interno di una nuova epoca, anche in questo tempo che è piuttosto un tempo di cambiamento di epoca, è un bene da perseguire», perché recupera l’intera nostra storia nei travagli che la caratterizzano», suggerisce, infine, il Cardinale con l’auspicio di divenire «uomini e donne costruttori di pace capaci di arrivare fino al perdono, a condividere il bisogno, a stare di fronte a Dio spalancati in umile atteggiamento di confessione. Questo rappresenti l’impegno del nuovo anno. Ad esso ci solleciterà la venuta del Papa il prossimo 25 marzo. Il mistero del Natale è intrecciato, fin dall’inizio, con quello della Pasqua. Su questo intreccio si può e si deve, da parte di noi cristiani, edificare la pace dando tutto il nostro contributo». 
Una realtà che si rende presente, prima, dallo scambio della pace tra i concelebranti e i Ministiri delle Chiese e, a conclusione, dalla Benedizione finale invocata coralmente.   

L’incontro con il Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano 

Poi, come ormai tradizione, nella Cappella arcivescovile dell’Episcopio, l’incontro dell’Arcivescovo con il CCCM, introdotto da monsignor Luca Bressan, presidente della Commissione per l’Ecumenismo e il Dialogo della Diocesi, che già in avvio della Celebrazione, in Duomo, aveva parlato delle Chiese quali «laboratori di pace per una globalizzazione della fraternità». 
«Caro fratello Cardinale», dice, invece, Giuseppe Platone presidente, dal settembre del 2016, del Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano e pastore della Chiesa valdese. «Con l’ingresso nel Consiglio della Chiesa ortodossa della Georgia, siamo arrivati a 19 aderenti. Siamo una creatura fragile, non ancora ventenne, ma che continua il suo cammino con entusiasmo e riflessione. Anche se tutto ci porterebbe a guardare al passato, sognando un’era dell’oro impossibile, dobbiamo invece guardare con speranza al futuro. L’unità dei cristiani è parabola dell’unità dell’umanità perché se ci sforziamo di dare qualcosa insieme sarà uno sforzo benedetto e particolarmente importante in questo momento», nota Platone, presentando alcuni doni all’Arcivescovo, tra cui il primo Calendario ecumenico delle 19 Chiese cristiane di Milano, una riedizione della guida alla Milano ecumenica e, nei 500 anni della Riforma, la Bibbia di Lutero in una pregevole edizione anastatica, perché come conclude, «Per tutti noi la Bibbia è una grande passione». 
Il saluto e il ringraziamento del Cardinale arriva con un invito.  «Un mondo che si scopre impaurito e impreparato non può che vedere i Cristiani pronti a cooperare. Ormai interi popoli costruiscono muri ed elevano barriere negando accoglienza, tuttavia, non possiamo dimenticare tanti segni luminosi come i gesti di apertura e dialogo vissuti tra le Chiese cristiane». Dall’incontro tra papa Francesco e il patriarca di tutte le Russie Kirill, al Sinodo delle Chiese Ortodosse fino all’attesissimo dialogo del  31 ottobre scorso, a Lund in Svezia, tra il Santo Padre e i vertici del mondo Riformato, che ha aperto le celebrazioni per i 500 anni della Riforma con la Dichiarazione congiunta, sono molti i segni che fanno sperare. 
Si sofferma, il Cardinale, su questo ultimo avvenimento che «porta a plasmare il volto decisivo della Chiesa di Cristo, vedendo Cristiani capaci di rileggere la propria storia nella logica della sequela evangelica. Abbiamo bisogno dei un ecumenismo di popolo, sempre più diffuso, soprattutto se si pensa al grande problema della trasmissione della fede alle nuove generazioni».  
E così si annunciano anche le belle e significative iniziative della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani 2017, dal titolo “L’amore di Cristo ci spinge verso la Riconciliazione”, che a Milano  verrà avviata con la Predicazione del cardinale Scola, il 18 gennaio, nella Liturgia di apertura della Settimana nella chiesa protestante luterana e riformata cittadina. Senza dimenticare che l’Arcivescovo sarà anche nella Sinagoga Maggiore di Milano, il 17 gennaio, giorno del Dialogo Ebarico-Cristiano.   

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