«Bella la decisione del Papa di intervenire all'inaugurazione con un messaggio in diretta». L'Arcivescovo ricorda anche «le centinaia di iniziative nelle nostre diocesi sui contenuti dell’Esposizione»
«È molto bella la decisione di Papa Francesco di intervenire all’inaugurazione di Expo con un proprio messaggio in diretta», ha affermato il cardinale Angelo Scola, intervistato da Radio Vaticana alla vigilia dell’apertura dei cancelli dell’Esposizione universale. È importante che Expo non diventi una semplice fiera: su questo concetto si è espresso il Cardinale al microfono di Luca Collodi: «Io credo che ci sono anche molti segni che fanno pensare che si vada ben oltre la fiera di alimenti o di tecniche agroalimentari, ma si cerchi invece di dare delle risposte ai grandi contenuti che sono sottesi a un tema che indiscutibilmente è molto attuale ed è anche molto significativo. In particolare per noi cristiani è molto importante, perché noi siamo figli di un Dio incarnato e tutto ciò che è umano ci interessa. In questo caso poi il discorso sul cibo, oltre a darci la possibilità di esplicitare la tragedia della fame, che continua veramente a ferire quasi un miliardo di persone, ci consente anche di introdurre la grande indicazione evangelica che non di solo pane vive l’uomo. Quindi condividere in una solidarietà veramente comunitaria, come ci richiama papa Francesco da una parte e dall’altra parte porsi la domanda del cibo spirituale e cioè del senso del vivere. Questo è lo sforzo che come Chiesa faremo in Expo. A me pare che esistano, però, anche altre realtà molto sensibili e molto disponibili a discutere con noi di questi e di altri temi analoghi, in modo tale che il tutto non si riduca a una fiera».
Quindi la presenza della Chiesa è una sorta di coscienza per riportare l’Expo all’essenzialità del tema…
Possiamo dire così, senza presunzione no? È una modalità modesta, perché – a differenza di altre realtà – dall’inizio abbiamo scelto di fare investimenti modesti, però c’è una grande mobilitazione del mondo cattolico e non soltanto a Milano, ma in Lombardia, attraverso il volontariato e soprattutto attraverso le centinaia e centinaia di iniziative che spontaneamente sono nate nelle nostre diocesi proprio sui contenuti del nutrire il Pianeta. E ci sono anche tanti mezzi di comunicazione, anche i nuovi media, che si stanno occupando quotidianamente del problema.
L’Expo lascerà alla nostra riflessione la cosiddetta “Carta di Milano”, il documento sul diritto al cibo e all’acqua. Nelle ultime ore sembra che da questo documento manchi, però, qualsiasi accenno al problema della speculazione finanziaria sui beni alimentari e sull’accaparramento delle terre che avviene soprattutto in Africa da parte di governi e aziende multinazionali…
Una cosa è decisiva: parlare di diritto al cibo con i connessi doveri e con la necessità che diritti e doveri siano poi tradotti in legge adeguate, a me sembra un passo importante, soprattutto se – quando la Carta verrà data a Ban Ki-moon – potrà diventare un punto di riferimento e di dibattito a livello mondiale attraverso l’Onu. Io credo che, però, il tema da lei sollevato e soprattutto il tema della finanza e del tentativo di finanziarizzare anche i beni primari di consumo debba essere chiaramente condannato. Quando alla questione dell’accaparramento delle terre, bisogna operare delle differenze tra ciò che sta succedendo, per esempio in Africa e ciò che sta avvenendo poniamo a Milano, dove persino il Milan sta per essere comprato da un thailandese o da un cinese… Bisogna distinguere tra una finanza equilibrata e globalizzata e la capacità dei nostri organismi istituzionali di controllare la modalità con cui questo intervento finanziario esercita: deve esercitarsi nel rispetto profondo, nella tradizione dello stile del mondo dei lavoratori, i quali debbono poter progredire a partire da questi investimenti e non regredire! Il 1° maggio – per esempio – la partecipazione degli utili di impresa dei lavoratori potrebbe essere un tema da rilanciare…