Un tratto caratteristico del Vescovo patrono è presentarla come virtù della giustizia
di Pierluigi BANNA
Sant’Ambrogio visse anzitutto sulla propria pelle la misericordia del Signore. Amava ricordarlo quando invitava i suoi fedeli alla penitenza e alla riconciliazione dei peccati: «Io sapevo che non ero degno d’essere chiamato vescovo, perché mi ero dato a questo mondo. Ma per la tua grazia sono ciò che sono (cfr5 1Cor 15,10), e sono senz’altro l’infimo tra tutti i vescovi e il meno meritevole […]. Non permettere che si perda, ora che è vescovo, colui che, quand’era perduto, hai chiamato all’episcopato, e concedimi anzitutto di essere capace di condividere con intima partecipazione il dolore dei peccatori» (de Poenitentia II, 8,73).
Il vescovo di Milano nel suo ministero pianse per i peccati dei suoi fedeli (cfr ivi), cercando di difendere la misericordia di Dio dai suoi potenziali “avversari”. Il primo avversario poteva essere la mancanza di fede: pensare che ci siano peccati imperdonabili o disperare della bontà del Signore, quando invece «dolci sono i giudizi di Dio per quelli che credono» (Expositio Psalmi CXVIII V, 45). Il secondo avversario potrebbe allignare tra quei ministri della Chiesa che procrastinano sine die la penitenza del peccatore: «Il Maestro benigno, conscio della nostra fragilità e interprete della misericordia divina, vuole che il peccato sia perdonato, vuole che si ricorra alla consolazione, perché lo sconforto non travolga il penitente con la stanchezza di un lungo rinvio» (De Poenitentia I, 17,92). Il terzo avversario della misericordia potrebbe essere una vita che non sa “farsi misericordiosa”: il gioco di parole è permesso dal fatto che, nel IV secolo d.C., con la parola «misericordia» si intendevano anche le elemosina per i poveri: «Sii generoso con i poveri, solleva i deboli, riscatta i prigionieri ed hai sciolto le tue catene [dell’errore]» (Expositio Psalmi CXVIII VIII, 41)».
Un tratto marcatamente ambrosiano è la presentazione della misericordia di Dio come virtù della giustizia: «La misericordia è giustizia» (De Obitu Theodosii 26). Dio, pronto a perdonare, si arresta nel suo giudizio del peccatore, perché attende la confessione delle colpe: «Dio vuole indurti a chiedere perdono, vuole che da Lui speri l’indulgenza» (De Cain et Abel II, 9,27). La misericordia dischiude uno spazio di attesa dell’uomo peccatore, perché questi, in lacrime si volga pentito a guardare Cristo, egli stesso è la misericordia (Expositio Psalmi CXVIII VI, 3): «Anche tu, se vuoi meritare il perdono, sciogli nelle lacrime la tua colpa; in quello stesso istante, in quello stesso tempo Cristo ti guarda» (Expositio Evangelii secundum Lucam X, 90). Di fronte al pentimento, l’unico verdetto può essere il perdono, la festa del perdono. Così Sant’Ambrogio, in riferimento alla parabola lucana, si immagina il Padre che salta incontro al Figlio (cfr Expositio Evangelii secundum Lucam VII, 230), come l’Amato del Cantico dei Cantici (cfr Ct 2,8), oppure la casa in cui risuona la musica della misericordia (cf. Expositio Psalmi CXVIII 7,26).
Sant’Ambrogio predica una misericordia senza confini, esuberante e perciò capace di resuscitare l’uomo con tutta la sua libertà dalla coltre delle macerie del peccato, di rimetterlo in cammino dentro la Chiesa e la società come operatore di giustizia e di misericordia.