Con questo spirito la parrocchia guidata da don Virginio Vergani attende la visita dell’Arcivescovo, che sarà accolto presso una chiesetta settecentesca e alle 10 celebrerà la Messa in Santo Stefano

di Cristina CONTI

Santo Stefano_Rosate

Domenica 9 ottobre il cardinale Angelo Scola si recherà a Rosate (Milano) dove, alle 10.30, celebrerà la Messa nella chiesa parrocchiale di Santo Stefano (viale Rimembranze 30). «Abbiamo invitato l’Arcivescovo perché in paese stiamo restaurando una chiesetta del Settecento e volevamo che venisse a inaugurarla – spiega il parroco don Virginio Vergani -. Durante i lavori, in realtà, ci siamo accorti che per il suo valore artistico richiedeva un restauro specifico, per cui saranno necessari altri due mesi: così il Cardinale potrà vederla solo dall’esterno. Quest’anno, poi, celebriamo anche il novantesimo anniversario della parrocchia, nel 1926 consacrata e dedicata a Santo Stefano. L’Arcivescovo verrà accolto alla chiesetta alle 10, si formerà un piccolo corteo per la via centrale verso la canonica e alle 10.30 in parrocchia ci sarà l’Eucarestia domenicale.

Come vi siete preparati?
In quest’ultima settimana abbiamo predisposto due momenti che ci hanno aiutato a riflettere sulla vita cristiana nella sua globalità: martedì due giovani che si sarebbero poi sposati sabato hanno fatto una testimonianza sul concetto cristiano di fidanzamento; mercoledì, invece, una suora del paese ha festeggiato il 25° della sua professione religiosa e ha dato una testimonianza sulla vita consacrata e sulla vocazione alla vita religiosa. La nostra idea era dunque quella di collocare la visita del Cardinale nel cammino ordinario della vita cristiana che vede da un lato la famiglia e dall’altro il servizio a Dio.

L’oratorio è molto frequentato?
La sua tradizione qui a Rosate è felice, ma la partecipazione dei giovani è spesso faticosa da vivere. È molto bella la possibilità per i ragazzi di fare un cammino anche a livello inter-parrocchiale: aiuta a riflettere sulle cose in modo diverso e a fare un bel salto di qualità.

L’immigrazione è consistente?
Gli immigrati sono poco presenti. Un gruppo vive la realtà dell’oratorio e a livello civile e cristiano è integrato con iniziative e proposte. La prima domenica di giugno condividiamo insieme un pranzo, mettendo in comune le diverse culture e tradizioni. Non mi piace parlare di integrazione, ma piuttosto di comunione, di condivisione di spazi, tempi, culture e tradizioni. I gruppi più presenti sono domenicani, rumeni e marocchini. La nostra realtà, poi, è ricca di gruppi e associazioni di volontariato.

La crisi economica si è sentita?
Sì, e per affrontarla abbiamo attivato uno sportello di ascolto in convenzione con la Caritas, che ci dà modo anche di osservare le nuove povertà: la crisi è molto spostata sulle famiglie locali, piuttosto che su quelle immigrate. Cerchiamo poi di tamponare le emergenze, come quella degli affitti. Purtroppo non abbiamo le risorse per risolvere tutti i problemi e seguire le persone in modo continuativo: così li mandiamo ai servizi sociali del Comune, una sinergia interessante che dimostra una certa sintonia tra la parrocchia e le istituzioni.

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