Presentato il messaggio per la 50ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali (8 maggio) sul tema “Comunicazione e Misericordia: un incontro fecondo”
di Vincenzo CORRADO
È la misericordia l’unica strada per una corretta comunicazione. Non c’è alternativa. E questo vale sia per i «pastori nella Chiesa», sia per «quanti hanno responsabilità istituzionali, politiche e nel formare l’opinione pubblica». Nel messaggio per la 50ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che la Chiesa celebrerà il prossimo 8 maggio, papa Francesco illustra tutto il suo pensiero su come «comunicazione e misericordia» possano stabilire «un incontro fecondo». E lo fa già dalle battute iniziali del testo invitando «tutte le persone di buona volontà» a «riscoprire il potere della misericordia di sanare le relazioni lacerate e di riportare la pace e l’armonia tra le famiglie e nelle comunità». La misericordia, infatti, «è capace di attivare un nuovo modo di parlare e di dialogare». E qui, un po’ a sorpresa, Francesco cita Shakespeare, nell’anno in cui ricorrono i 400 anni dalla morte. «La misericordia non è un obbligo. Scende dal cielo come il refrigerio della pioggia sulla terra. È una doppia benedizione: benedice chi la dà e chi la riceve» (Il mercante di Venezia, Atto IV, Scena I).
Il «potere» della misericordia, dunque, coinvolge tutti: famiglie, comunità, popoli… E soprattutto chi esercita funzioni pubbliche. Per questo, dice Francesco, «è auspicabile che il linguaggio della politica e della diplomazia si lasci ispirare dalla misericordia, che nulla dà mai per perduto». Da qui l’appello a «quanti hanno responsabilità istituzionali, politiche e nel formare l’opinione pubblica, affinché siano sempre vigilanti sul modo di esprimersi nei riguardi di chi pensa o agisce diversamente, e anche di chi può avere sbagliato». Infatti, osserva, «è facile cedere alla tentazione di sfruttare simili situazioni e alimentare così le fiamme della sfiducia, della paura, dell’odio». Invece, «ci vuole coraggio per orientare le persone verso processi di riconciliazione, ed è proprio tale audacia positiva e creativa che offre vere soluzioni ad antichi conflitti e l’opportunità di realizzare una pace duratura».
Ma la misericordia va applicata, in modo sostanziale, pure nella comunicazione ecclesiale. «Come vorrei – scrive Francesco – che il nostro modo di comunicare, e anche il nostro servizio di pastori nella Chiesa, non esprimessero mai l’orgoglio superbo del trionfo su un nemico, né umiliassero coloro che la mentalità del mondo considera perdenti e da scartare! La misericordia può aiutare a mitigare le avversità della vita e offrire calore a quanti hanno conosciuto solo la freddezza del giudizio». Per questo, spiega ancora, «lo stile della nostra comunicazione sia tale da superare la logica che separa nettamente i peccatori dai giusti. Noi possiamo e dobbiamo giudicare situazioni di peccato – violenza, corruzione, sfruttamento, ecc -, ma non possiamo giudicare le persone, perché solo Dio può leggere in profondità nel loro cuore». Secondo Francesco, «solo parole pronunciate con amore e accompagnate da mitezza e misericordia toccano i cuori di noi peccatori. Parole e gesti duri o moralistici corrono il rischio di alienare ulteriormente coloro che vorremmo condurre alla conversione e alla libertà, rafforzando il loro senso di diniego e di difesa».
«L’incontro tra la comunicazione e la misericordia – chiarisce il Papa – è fecondo nella misura in cui genera una prossimità che si prende cura, conforta, guarisce, accompagna e fa festa. In un mondo diviso, frammentato, polarizzato, comunicare con misericordia significa contribuire alla buona, libera e solidale prossimità tra i figli di Dio e fratelli in umanità». Per questo, è molto importante saper ascoltare. «L’ascolto – sottolinea Bergoglio – ci consente di assumere l’atteggiamento giusto, uscendo dalla tranquilla condizione di spettatori, di utenti, di consumatori. Ascoltare significa anche essere capaci di condividere domande e dubbi, di percorrere un cammino fianco a fianco, di affrancarsi da qualsiasi presunzione di onnipotenza e mettere umilmente le proprie capacità e i propri doni al servizio del bene comune». E ancora: «Ascoltare significa prestare attenzione, avere desiderio di comprendere, di dare valore, rispettare, custodire la parola altrui».
In definitiva: «Nell’ascolto si consuma una sorta di martirio» e «saper ascoltare è un dono che bisogna invocare per poi esercitarsi a praticarlo». Prossimità e ascolto, allora, perché tra comunicazione e misericordia ci sia «un incontro fecondo».