Presentato il libro di Giorgio Vecchio sulla figura del presidente dell’Azione cattolica di Parma negli anni dell’ultima guerra, che sacrificando la propria vita salvò quella di molti ebrei
di Silvio MENGOTTO
Mercoledì scorso presso la Fondazione Culturale Ambrosianeum di Milano è stato presentato il volume di Giorgio Vecchio Un Giusto fra le Nazioni: Odoardo Focherini ( 1907 – 1944 ). Dall’Azione cattolica ai Lager nazisti ( Edb, 2012 ). Con l’autore ne hanno parlato Marco Garzonio, Guido Formigoni e Gabriele Nissim. Durante la Seconda guerra mondiale Odoardo Focherini, militante di Azione cattolica a Carpi, sacrifica la sua vita per salvare la vita agli ebrei perseguitati dai nazisti.
Focherini non fu un uomo speciale ma«normale», scelse il bene che si poteva e doveva fare compiendo gesti straordinari organizzando un’efficiente rete di salvataggio per decine di ebrei disperati tra il ’43 e il ’44. Scoperto, incarcerato e deportato e ucciso, fu nel Lager di Hersbruck: con lui anche Teresio Olivelli.
Nell’Azione cattolica di Carpi svolse importanti incarichi di dirigente soprattutto nel settore uomini. Come giornalista collaborò con diverse testate cattoliche e divenne stabilmente amministratore de L’Avvenire d’Italia. Focherini riesce a tessere una rete clandestina di sostegno attivo per la salvezza di ebrei che troveranno rifugio e assistenza in Svizzera. Una scelta che pagherà con la propria vita.
Il Parlamento di Israele il 5 agosto 1969 lo proclama “Giusto fra le nazioni”: onorificenza istituita nel 1953 per tutte le persone non ebree che durante la Shoah salvarono la vita agli ebrei. Accanto a questo riconoscimento si affianca quello recente di procedura alla beatificazione da parte della Chiesa cattolica. Una figura poco conosciuta e che merita un’attenzione nazionale. Abbiamo intervistato l’autore Giorgio Vecchio.
Odoardo Focherini, un uomo “normale” che compie il gesto straordinario di salvare molti ebrei. Quale spessore assume questa normalità che si trasforma in straordinaria profezia del quotidiano?
Ho usato il termine normalità ma di Focherini potremmo dire di un uomo comune e ordinario nel senso che potrebbe essere uno qualsiasi di noi. Una persona che ha famiglia, un lavoro, un impegno nel caso di Focherini in Azione cattolica, una sua passione giornalistica, vivendo la sua vita per molti anni senza uscire dagli schemi culturali del suo tempo. Ma di fronte a delle persone concrete in pericolo di vita, di fronte ad una situazione straordinaria, come quella della caccia agli ebrei dopo l’8 settembre ’43, quest’uomo uguale a noi, sa compiere una scelta straordinaria che non so quanti di noi saprebbero fare. Rischia tutto se stesso, compresa la responsabilità che aveva nei confronti della propria famiglia essendo padre di sette bambini, ma c’era un’urgenza più grande.
Un uomo che oppone resistenza al male per salvare vite umane e in pericolo di vita perché è la cosa giusta da fare?
Abbiamo raggiunto questo grado di riflessione di noi storici o coloro che si occupano dei temi dei “giusti”. Quello che importa e che, a un certo punto, bisogna saper prendere posizione nei fatti, non a parole, a favore della vita. Qualunque tipo di vita sia. Allora abbiamo queste persone che si dedicano, come Focherini, alla salvezza degli ebrei. In altre circostanze avremmo altri tipi di salvataggio che vengono condotti. In qualche modo significa anche mantenere la propria dignità come persone e non prestarsi ne’ al male, ne’ all’indifferenza. Focherini è uno di questi “giusti”, di quelle persone che rispetto a se stessi a alla propria fede sanno che devono operare in quel modo.
Un altro aspetto straordinario sono le oltre 160 lettere clandestine che dal carcere Focherini invia alla famiglia e amici. Un paragone stimolante potrebbero essere le lettere di Aldo Moro scritte durante la prigionia nel covo dei brigatisti. Qual è il senso anormale e straordinario di queste lettere?
Straordinario nel senso che raramente ci è dato di avere così tante lettere uscite dal carcere per varie strade, per lo più clandestine, dal penitenziario di Bologna, poi dai Lager di Fossoli e Bolzano. Da queste lettere emerge un Focherini che crede per fede, che accetta e incita la propria moglie Maria a sopportare con fede e “cristiana rassegnazione”, come si diceva un tempo, quello che sta sopportando. Un uomo che vuole tanto bene a sua moglie, ai figli, alla famiglia, che si preoccupa delle sorti del suo giornale “L’Avvenire d’Italia”, dando istruzioni pratiche su come continuarne la stampa e che, contemporaneamente, cerca umanamente ogni strada per uscire dalla prigionia. Qui sta il paragone con Aldo Moro date le circostanze completamente diverse. Un uomo che cerca di suggerire le strade, fare i nomi di personalità su cui cercare di influire, in modo che si possa arrivare ad una liberazione. Questo è davvero umano. Focherini non è un super eroe che dice “sopporterò impavido in forma di tortura o di prigionia fino alla morte”. Focherini sopporta con fede ciò che gli accade, ma cerca anche di uscirne fuori.