Due libri dell’Arcivescovo (uno sui misteri dolorosi, l’altro su quelli della luce) pubblicati dal Centro Ambrosiano. Testi e immagini per la preghiera personale o comunitaria, introdotti dalle riflessioni di due donne «impegnate», nel lavoro e a casa
«Pellegrina della fede fu Maria. Pellegrini della fede siamo noi cristiani. E in quanto pellegrini non abbiamo bastioni da difendere, ma solo vie da percorrere per andare incontro agli uomini e alle donne, nostri contemporanei». È una delle meditazioni sui misteri dolorosi del Rosario, proposte dal cardinale Angelo Scola nel libro In cammino con Maria pellegrina della fede (Centro Ambrosiano, pagine 32, euro 2.20). Si tratta di una guida alla preghiera, personale o comunitaria; dopo un breve suggerimento dell’Arcivescovo, la riflessione prosegue con le parole della Chiesa (tratte dal Concilio Vaticano II e dal Catechismo della Chiesa cattolica) e soprattutto con quelle dei due Papi santi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Accompagnano il testo immagini a colori che rappresentano particolari di affreschi del Beato Angelico; la prefazione è affidata a Elisabetta Soglia, giornalista, caporedattore del Corriere della sera, moglie e mamma.
Si intitola invece Il “sì” di Maria guida la storia il libro con le meditazioni del cardinale Scola sui misteri della luce del Rosario (Centro Ambrosiano, pagine 32, euro 2.20). La prefazione è di un’altra donna «impegnata» nel lavoro e in famiglia, Eugenia Scabini, docente di Psicologia dei legami familiari presso l’Università Cattolica e nonna. Tra le riflessioni all’interno troviamo spunti tratti da omelie e scritti di Benedetto XVI. Le immagini che accompagnano il testo sono particolari degli affreschi di Bernardino Luini in San Maurizio al Monastero Maggiore di Milano. Scrive l’Arcivescovo: «Dalla fede di Maria ha avuto inizio la nostra salvezza. La storia e il presente del nostro popolo documentano in tantissime donne, uomini, famiglie, cosa significhi il “mite coraggio del sì”, che esprime la fede e l’umanità compiuta del credente».
Pubblichiamo ampi stralci delle due prefazioni.
Soglio: È la preghiera lenta delle mamme che vanno di corsa
II Rosario è una preghiera lenta. In un mondo in cui va tutto così veloce, ripetere l’Ave Maria diventa anche un esercizio di stile: non c’è bisogno di correre, non servono ragionamenti articolati, non dobbiamo bruciare il tempo. Il tempo, anzi, si ferma e resta scandito da questa invocazione, quasi una cantilena che per me significa una cosa soprattutto: «Mi affido». (…) Alcune volte basta un mistero, basta una decina che infilo quasi sempre per chiedere aiuto e sostegno alla Madonna. Già, perché il Rosario è la preghiera delle mamme. Di noi mamme intrappolate fra questo ruolo e quello di professioniste; di noi mamme che cerchiamo di tenere insieme famiglia e lavoro volendo dare sempre il meglio di noi; di noi mamme che sentiamo così spesso e così forte il peso dell’insoddisfazione perché alla fine ci sembra di non riuscire a fare bene né una cosa né l’altra. Il Rosario è la preghiera delle mamme anche perché fin da piccole ci viene messo davanti questo modello così impegnativo, la Madonna. Lei che si è fidata senza riserve, che serbava tutto nel suo cuore, che ha seguito il Figlio tanto amato e che lo ha visto ingiustamente morire, inginocchiata davanti alla sua infamante croce. Inginocchiata lì non per salvarlo ma per lasciarsi da lui salvare. (…) Il Rosario delle mamme che vanno di corsa è forse questo: la preghiera semplice con cui affidiamo alla Madonna i nostri figli e la nostra famiglia, le nostre lacrime e i nostri sorrisi, le nostre paure e il nostro coraggio. Il Rosario delle mamme è un pezzetto della forza di cui abbiamo bisogno per ricominciare.
di Elisabetta Soglio
Scabini: Ci si sente cullati, l’esperienza della prima volta
È un tardo pomeriggio d’estate quando l’atmosfera si fa suggestiva. Siamo in agosto, a ridosso della festa dell’Assunzione. Mi sto incamminando verso una piccola chiesa posta sulla collina che accompagna il litorale della nostra Liguria, in una posizione incantevole. Ci siamo dati appuntamento, tra amici di lunga data che abitualmente passano le vacanze in queste zone, per pregare: il Rosario, prima della Messa vespertina. (…) Siamo quasi tutti nonni e perciò portiamo dentro di noi le vite dei figli e dei nipoti con le loro speranze, gioie e preoccupazioni. Le condividiamo partecipi, ma la nostra responsabilità è ormai indiretta. Si apre però uno spazio più ampio per la preghiera e l’affidamento del loro presente e del loro futuro. Ed è spontaneo il ricorrere a Maria. Arrivo accompagnata da un’amica che ha una casa estiva vicina alla mia. Ci siamo conosciute adulte, complice il gioco dei nostri bambini sulla spiaggia. Lei è protestante e viene per farmi compagnia e per condividere con me la mia personale ricorrenza. (…) È persona di poche parole e, dopo qualche minuto di silenzio, mi dice quasi sottovoce: «Come è dolce la vostra Ave Maria…». Mi colpisce la parola «dolce»: certo, l’inizio è un saluto, Ave, un saluto gioioso (rallegrati) ma la fine collega il presente alla morte. Anche se la morte è nel segno del trapasso all’eterno la parola risuona forte e stride con la percezione di dolcezza. Le chiedo: «Dolce, in che senso?» E lei, con il suo parlare che risente ancora dell’accento tedesco, mi dice: «Quando dite il Rosario ci si sente cullati, dà pace». Ecco, l’esperienza sorgiva che comunica il Rosario a un animo semplice e genuino che non ne ha abituale consuetudine. (…) Mi piace recitare il Rosario con altri, comunitariamente. Allora, a volte, abbasso la mia voce perché così sono trascinata e portata dalla voce di chi mi è vicino, che mi sorregge, come nella vita, a percorrere fino in fondo il cammino. (…) Corrisponde bene il Rosario alla sensibilità delle donne, ma non è preghiera femminile, piuttosto materna, e tutti siamo nati da ventre di donna. Trova eco in tutti coloro che sono profondamente umani e non hanno bisogno, per sentirsi vivi, di esibire autosufficienza. Le vere anime forti. Lo dimostra la calda insistenza dei Papi su questa preghiera e lo dimostra la sua recita anche da parte di molti uomini, non infrequentemente persone che vengono da altre terre e testimoniano così una fede semplice che noi occidentali, pieni di noi stessi, forse abbiamo smarrito. (…) Maria è presenza essenziale in tutti i misteri, in primo piano nell’episodio delle nozze di Cana e dietro le quinte negli altri, perché è colei che ci porge il Signore, e, attraverso il susseguirsi dei misteri, ci racconta la storia della vita di suo figlio quando, col passare degli anni, si fanno più chiari i segni della sua vocazione, così diversa da quella immaginata. A noi, in fondo, il compito semplice di assecondarla, di lasciarci prendere dal suo racconto in modo che, piano piano, possiamo, nella vita, «incorporarlo», imitarlo e come lei «fare quello che lui ci dirà».
di Eugenia Scabini