Dal 1957 maestro della Cappella musicale del Duomo, don Luciano ha saputo rinnovare la musica sacra postconciliare, custodendone l'antica tradizione ambrosiana. In questi giorni ha "festeggiato" i 90 anni
di Luca FRIGERIO
Redazione
Da qualche tempo si appoggia a un bastone e l’eloquio non è più fluente come una volta, ma lo sguardo è sempre limpido, acuto, con lampi di bonaria ironia. Monsignor Luciano Migliavacca festeggia in questi giorni il traguardo dei 90 anni, circondato da tanti amici, sostenuto da una sincera ammirazione, accompagnato da un affetto grandissimo: una vita, la sua, costantemente dedicata alla musica sacra, interamente consacrata alla ricerca della bellezza. Sì, perchè, come ci assicura il sacerdote che per oltre quarant’anni è stato il maestro e l’anima della Cappella musicale del Duomo, «davvero credo non ci sia arte più efficace del canto e della musica per avvicinarsi e contemplare la bellezza divina».
La sua produzione musicale è vastissima, le sue composizioni innumerevoli. Per gli esperti, infatti, Migliavacca è stato il vero e proprio riformatore della musica sacra post-conciliare, che ha saputo rinnovare con stile personalissimo e sicura perizia. Ma contemporaneamente è riconosciuto anche come «custode» delle antiche tradizioni musicali della cristianità, con la riscoperta e la valorizzazione, ad esempio, del patrimonio del canto ambrosiano. Innovatore e conservatore: un contrasto che è solo apparente. «Per me è stato semplice», spiega don Luciano. «Non c’è il vecchio e il nuovo… La mia unica attenzione, infatti, è stata quella di comporre musica bella: e se è bella, è sempre moderna, attuale».
Racconta don Migliavacca della passione per la musica trasmessagli dai genitori, degli studi compiuti in seminario con monsignor Delfino Nava, della specializzazione a Roma presso il Pontificio Istituto di Musica Sacra, della straordinaria avventura che dal 1957 lo portò a guidare la Cappella del Duomo… E mentre parla, il maestro ci mostra alcune cartellette zeppe di pagine musicali, di appunti e di annotazioni. E non ci sarebbe nulla di strano, se non che sono state scritte… in questi giorni! È il quotidiano ora et labora di don Luciano, a testimonianza di una vena inesuaribile, di una forza intellettuale instancabile.
L’ultima di queste composizioni ha un titolo particolarmente evocativo: «Gesù tra i fanciulli». Evocativo perchè sottilinea una predilezione che è stata propria anche di monsignor Migliavacca, quella di educatore, di guida e maestro dei più piccoli, proprio qui, in questa Scuola per i fanciulli cantori che è stata, ed è, la sua «casa». Scuola che la Veneranda Fabbrica del Duomo, da cui l’istituto dipende, costruì agli inizi degli anni Sessanta in viale Gorizia, in riva al Naviglio, laddove un tempo venivano lavorati i marmi per la cattedrale.
«Ho sempre considerato la Cappella come una famiglia», confida il sacerdote milanese, classe 1919. «E del resto proprio con questa consegna me l’affidò l’allora arcivescovo Montini… Come prima cosa abolii il titolo di “maestro”: “Chiamatemi semplicemente: don Luciano”, ho sempre detto ai miei ragazzi», spiega. «E per rafforzare questo rapporto di amicizia e di fiducia, quante gite, quanti giochi abbiamo fatto insieme! Ricordo ancora la prima scampagnata, a Chiaravalle, e le facce sorprese e divertite quando mi videro dimenarmi su un’altalena… Che un maestro della Cappella musicale del Duomo facesse una cosa del genere, non si era mai visto!». Un giovane novantenne, ancor oggi, sempre, in mezzo ai giovani. Auguri di cuore, don Luciano.