Il Beato ricordato nel Santuario a lui dedicato, dove riposa e dove, domenica 28 un’altra Messa sarà celebrata da monsignor Merisi, Vescovo emerito di Lodi. Alle stampe una nuova edizione di «Pedagogia del dolore innocente», il suo ultimo scritto
Il 60° anniversario della scomparsa del beato don Carlo Gnocchi sarà ricordato nel Santuario a lui dedicato e dove è sepolto, attiguo al Centro Santa Maria Nascente della Fondazione Don Gnocchi (via Capecelatro 66, Milano), sabato 27 febbraio, alle 10.30, con una solenne celebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo, cardinale Angelo Scola, e animata dalla Corale “S. Andrea Apostolo” di Villa d’Adda (Bergamo). Inoltre, la Santa Messa di domenica 28, alle 11.30, sarà celebrata da monsignor Giuseppe Merisi, vescovo emerito di Lodi, e animata dal Coro Ana “Italo Timallo” di Pavia.
Tra le iniziative promosse dalla Fondazione Don Gnocchi per il 60° della morte di don Carlo c’è anche la pubblicazione di una nuova edizione di «Pedagogia del dolore innocente». Si tratta del breve scritto-testamento di don Gnocchi, che sarà presto in libreria per i tipi della San Paolo, affiancato dalle riflessioni del cardinale Scola e del filosofo Salvatore Natoli. «Nella misteriosa economia del cristianesimo, il dolore degli innocenti è dunque permesso perché siano manifeste le opere di Dio e quelle degli uomini: l’amoroso e inesausto travaglio della scienza; le opere multiformi dell’umana solidarietà; i prodigi della carità soprannaturale»: è il passo fondamentale dello scritto del Beato, uscito a poche ore dalla sua morte, che la folla presente ai suoi funerali – celebrati nel Duomo di Milano dall’arcivescovo Giovanni Battista Montini – ebbe tra le mani quale forma matura del suo cammino spirituale.
«Dal fronte della morte violenta di giovani vite, nella tragica ed epica ritirata di Russia nella seconda guerra mondiale, alla frontiera della generosa solidarietà e alla inimitabile dedizione al multiforme dolore dei bambini, esordienti della vita, vittime innocenti di ordigni bellici, nella fattispecie delle mine, soldati più intelligenti e solerti che non dormono mai e colpiscono sempre: sono le tappe più significative del lungo e travagliato itinerario della vita del beato don Carlo Gnocchi – spiega monsignor Angelo Bazzari, presidente della Fondazione Don Gnocchi -. Può sintetizzarsi così la stagione terrena più intensa e coinvolgente di don Carlo, giustamente individuato dalla cronaca e definito dalla storia come il padre dei mutilatini, l’apostolo del dolore innocente, l’angelo dei bimbi. Titoli guadagnati sul campo con un’azione di solidarietà torrentizia, suggellata a fine vita dal gesto clamoroso, perché fuorilegge e profetico, del trapianto degli organi, la donazione delle cornee a due ragazzi non vedenti, conciliando così scienza e fede, teologia e politica».
«A sessant’anni dalla morte – conclude Bazzari -, l’opera del beato don Gnocchi continua nella Fondazione che porta il suo nome, ramificata in tutto il Paese e presente in aree del mondo dove la sofferenza degli ultimi non trova né ascolto né risposta, per combattere il dolore usando tutti i mezzi che la ragione, la scienza e la pietà suggeriscono».