L’urna in cristallo di due metri di lunghezza in cui è stato deposto il corpo di don Gnocchi è stata realizzata dallo scultore orafo veronese Lineo Tabarin. È impreziosita da inserti in ottone, lapislazzuli e castoni che riproducono i luoghi e i momenti più significativi della vita di don Carlo, attraverso la riproduzione di sei stemmi: quelli di Benedetto XVI (Pontefice della beatificazione), del cardinale Dionigi Tettamanzi (Arcivescovo della beatificazione), della Fondazione Don Gnocchi, dell’Associazione nazionale alpini (di cui don Gnocchi fu cappellano durante la tragica ritirata di Russia), del Comune di San Colombano al Lambro (luogo di nascita) e del Comune di Milano (luogo dove è avvenuta la morte), oltre allo stemma originario della Fondazione Pro Juventute (Opera da lui creata nel dopoguerra e divenuta oggi Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus). Fino alla beatificazione l’urna è rimasta avvolta in un drappo bianco lungo circa 4 metri, realizzato dalle suore dell’Istituto S.Maria Nascente.
Negli zainetti consegnati ai fedeli che hanno partecipato alla beatificazione, anche la medaglia realizzata in questa occasione. Su un lato è impresso il volto di don Carlo Gnocchi con il cappello da alpino. Sul retro è raffigurato il Duomo di Milano ela frase “Basta che la mi ami…”. Monsignor Giovanni Barbareschi, amico e curatore testamentario di don Gnocchi, che ha curato la realizzazione della medaglia, la spiega così: «Reca il volto di don Carlo, cappellano degli alpini, circondato da una scritta d’amore: “Basta che la mi ami”. È la scritta che don Carlo aveva letto sul cappello di tanti alpini della Divisione Tridentina nella tragica ritirata di Russia. La certezza dell’amore della loro donna – fidanzata, moglie – era per gli alpini il sogno che dava loro il coraggio e la forza di riprendere il cammino per tornare a casa. Penso proprio che don Carlo sia contento di essere ricordato con i suoi alpini, in quel cammino di tanto dolore e di tanta speranza».