La nuova tappa della Visita pastorale porta il cardinale Scola agli estremi confini della Diocesi, in un territorio caratterizzato da grande mobilità per motivi di lavoro e di studio. Don Sergio Zambenetti, Decano facente funzione, presenta l'incontro in programma alle 21 nella parrocchia dei Santi Pietro e Paolo

di Cristina CONTI

San Pietro e Paolo_Luino

Venerdì 14 ottobre il cardinale Angelo Scola si recherà a Luino (Varese) per una nuova tappa della Visita pastorale feriale. Alle 21 incontrerà i fedeli del Decanato presso la parrocchia dei Santi Pietro e Paolo (piazza San Giovanni XXIII 13). Ne parliamo con don Sergio Zambenetti, decano facente funzioni.

Come vi siete preparati alla Visita pastorale?
Abbiamo tenuto incontri tra noi sacerdoti, poi tra i sacerdoti e i membri dei Consigli pastorali e nei singoli Consigli pastorali per riflettere sul significato della Visita e sulla situazione del Decanato. E poi ovviamente ci siamo preparati con la preghiera.

Come siete organizzati nel vostro territorio? Ci sono Comunità pastorali?
No, non ancora. Per il momento ci sono collaborazioni pastorali tra gruppi di parrocchie. Le comunità non sono ancora sorte, ci stiamo attivando e partiranno prossimamente, ma non quest’anno.

E dal punto di vista sociale, la crisi economica si è sentita molto?
Negli ultimi decenni hanno chiuso diverse fabbriche e le difficoltà non sono mancate. Per fortuna da qui molti vanno a lavorare in Svizzera: a Luino i frontalieri sono circa 2 mila, nel Decanato sono molti di più. Per ora questa è un’opportunità, ma il recente referendum lascia aperti non pochi interrogativi a livello lavorativo. Il Luinese, infatti, offre poco. Il fatto che ci siano tanti frontalieri crea comunque una serie di conseguenze a livello sociale: le persone partono la mattina presto, tornano la sera e al ritorno sono stanche, hanno poca voglia di uscire e questo inevitabilmente influenza la partecipazione alle attività pastorali.

L’immigrazione è una realtà consistente?
Non tantissimo: chi arriva qui vuole poi andare in Svizzera. Ci sono però molti italiani, che provengono dal sud o da altre regioni, che vengono qui per andare a lavorare in Svizzera. La residenza rimane in Italia, perché qui la vita costa meno; ma si tratta comunque di persone poco radicate sul territorio, che rimangono legate alle loro comunità di origine. Così la realtà ecclesiale e sociale rimane poco aggregata. Anche il turismo è “mordi e fuggi” e fatto soprattutto di tedeschi e olandesi. Molti turisti hanno qui la seconda casa, ma sono protestanti, della Chiesa evangelica: potrebbe dunque esserci l’opportunità di sviluppare il dialogo ecumenico.

I giovani frequentano la vita delle parrocchie?
Qualcosa a livello giovanile si sta muovendo. Abbiamo un sacerdote che lavora a livello decanale e altri preti nelle parrocchie che cercano di creare iniziative comuni, come i percorsi post-Cresima che coinvolgono i preadolescenti e poi quelli per adolescenti e giovani. Il catechismo per queste fasce d’età è concentrato nel fine settimana perché i ragazzi vengono a Luino da diversi paesi già per frequentare la scuola e tornare la sera diventa impossibile: così facciamo un incontro al sabato sera, in modo che anche chi arriva da fuori abbia l’opportunità di partecipare. Gli universitari, invece, stanno tutta la settimana a Milano.

Quali le sfide pastorali per il futuro?
L’annuncio del Vangelo alle nuove generazioni e non solo, anche alle fasce di età adulta. La situazione lavorativa, economica e sociale non ha agevolato in questi anni la formazione dei laici. La sfida grande è quella di formare i laici a educarsi al pensiero di Cristo, come ci chiede il nostro Arcivescovo. Ci sono tante speranze e possibilità grandi. Trasmettere il Vangelo è una sfida bella in questa realtà, anche perché ci sono grandi attese da parte delle persone.

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