Parla il parroco don Mimmo Zambito, che martedì sera alle 20.30 interverrà a Milano alla serata di proiezione di “Fuocoammare”

di Luisa BOVE

Don Mimmo Zambito

Martedì 13 settembre alle 20.30 il parroco di Lampedusa, don Mimmo Zambito, è atteso a Milano per partecipare alla prima serata di “Campo totale”, insieme al direttore di Caritas Ambrosiana Luciano Gualzetti, dove è in programma la proiezione del film “Fuocoammare” introdotta dal critico cinematografico Fabrizio Tassi. Sarà una visita breve la sua, ma intensa. «Nei giorni scorsi c’è stato un intervento in mare da parte di una nave cargo che ha prelevato circa 1100 persone – spiega don Zambito – e su indicazioni del ministero degli Interni sono state tutte trasportare sull’isola di Lampedusa. Poi a gruppi sono stati portati in Sicilia». E aggiunge: «La nostra isola, essendo collocata in mezzo al mare, rispetto a quella che viene definita un’emergenza (anche se emergenza non è), è come un’oasi nel deserto, come l’isola greca, che ha solo la funzione di salvataggio per quelli che rischiamo di morire».

E ora com’è la situazione?
Lampedusa non vive momenti di tensione. Ora siamo rientrati nei normali parametri previsti per il Centro di primo soccorso e accoglienza (Cpsa) e gli immigrati sono poco più di 300. A gruppi di 150 infatti sono stati accompagnati in Sicilia. Poi, effettuate le operazioni di fotosegnalazione e di impronte digitali, queste persone – come di consueto – hanno partecipato a piccoli momenti di integrazione sull’isola, anche se non è previsto alcun protocollo di integrazione o di organizzazione di eventi ed è un po’ quello che avviene in ogni altra parrocchia. Se sono cristiani, si integrano nel culto, se c’è un wi-fi aperto hanno la possibilità di accedere a Facebook per collegarsi con i loro cari e dire che sono vivi… Poi per oltre mille persone, sempre giocando sul termine “emergenza”, la parrocchia ha fornito capi di vestiario per tutti.  

A partire dal film “Fuocoammare” qual è il messaggio che porterà a Milano?
Che a volte si rischia di non incontrare persone, ma considerare i numeri e di far scorrere le vite parallele. In qualche passaggio del film l’isola sembrerebbe come il mondo che viviamo, disincarnato e disincantato di fronte a questo fenomeno. Poi in realtà, quando si ha la possibilità di guardare le persone negli occhi e ascoltare la loro storia di vita, ci accorgiamo che hanno storie belle e terribili proprio come ciascuno di noi. Abbiamo la necessità di integrare per essere integrati e salvarci noi stessi. È come una forma di interesse privato, personale, individuale e delle nostre comunità ecclesiali e della nostra Europa, che boccheggia e rantola senza sapere dove andare, mentre avrebbe l’opportunità di interrogarsi sui motivi che la fanno stare insieme come unione di popoli e di culture diverse. Purtroppo è una grande opportunità che rischia di non essere colta.

Lampedusa che cosa rappresenta per gli immigrati?
A Lampedusa si gioca sul filo della vita e della morte, tra la vastità del mare e il pericolo che il mare stesso riserva agli uomini che lo attraversano su gommoni o barconi fatiscenti in fuga da guerre. Giungendo qui hanno la percezione di una rinascita alla dignità, alla libertà, ai diritti, alla cittadinanza europea… È quel punto interrogativo alla nostra umanità, alla nostra società e, perché no, anche alle nostre comunità ecclesiali.

Voi già riuscite a salvare tante vite umane…
Sì, ma si tratta di un compito molto relativo quello che la comunità di Lampedusa assolve, ha una funzione geografica imprescindibile per il fatto che 20 km quadrati si trovano in mezzo al mare. Siamo edificati da quanto le altre chiese, in Sicilia, in Lombardia, a Milano e Bergamo, per fare solo qualche esempio, le comunità vivono gli altri passaggi di questa filiera di dignità e di cittadinanza. In fondo qui la funzione la assolve la guardia costiera che mette in salvo le persone, perché l’isola è una piccola realtà di 3 mila e 400 abitanti, quindi è facile cogliere tutti gli aspetti positivi, perché non c’è più vessazione, oppressione, omicidio, violenza, stupro, furto… È l’inizio di una lunga, lunga, lunga filiera che vede altri assolvere ad diverse funzioni non meno significative: integrazione, lavoro, amori che sbocciano, figli che nascono, scuola… Per questo guardiamo anche alla bella testimonianza delle comunità che procedono spedite verso un mondo che qui vediamo solo nascere.

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