Il monito del cardinale Ravasi nel corso di «Non di solo pane...», primo evento del National Day, a cui hanno partecipato i cardinali Scola e Bagnasco e monsignor Becciu. L'Arcivescovo di Milano: «Il lavoro della Chiesa provochi quel cambio di mentalità richiesto dal desiderio di ritrovare un rapporto equilibrato con il pianeta»

di Annamaria BRACCINI

national day santa sede 2015

Le ferite del pianeta e quelle del cuore, la fame di miliardi di uomini e donne e lo sfruttamento di quella terra che ci è stata consegnata come un giardino. I drammi che tutti conosciamo, le tragedie dell’esclusione, della povertà, della guerra, ma anche la speranza per un domani migliore che è possibile se solo lo si vuole a ogni livello, dagli stili di vita personali a quelli sociali, dalla politica alle scelte internazionali.

I tre video e le 177 fotografie all’interno del Padiglione della Santa Sede, presentato alle autorità all’inizio del National Day vaticano in Expo, raccontano il mondo. Le parole del Papa risuonano mentre il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e commissario del Padiglione, il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Angelo Scola e monsignor Angelo Becciu, sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato, ammirano l’Ultima Cena del Tintoretto e il geniale Tavolo interattivo che fa bella mostra di sé al centro del Padiglione. Spazio, per l’occasione, affollatissimo, con la presenza di oltre sessanta ambasciatori accreditati presso la Santa Sede, personalità, ecclesiastici – molti i Vescovi ausiliari e Vicari episcopali di Milano – ed esponenti della società civile.

L’Inno d’Italia e quello Pontificio rielaborato in maniera orchestrale da monsignor Pierangelo Sequeri ed eseguito dai cinquanta elementi dell’orchestra Esagramma – venticinque di loro sono portatori di disabilità – inaugurano la giornata nell’Auditorium gremito.

Ravasi: la Scrittura e la Chiesa all’Expo

Dopo i saluti iniziali, è il cardinale Ravasi che ringrazia «per la nube disposta a corona e attraversata dalla luce, nube luminosa», costituita da tutti coloro che hanno collaborato al Padiglione. «Gocce e presenze», per continuare a usare l’immagine della Lettera agli Ebrei, «senza le quali sarebbe stato impossibile questo importante risultato – spiega Ravasi – a partire dalla triade costituita dalla Santa Sede, dalla Conferenza Episcopale Italiana e dalla Diocesi di Milano». E tutto per un Padiglione costruito «nello spazio con elementi materiali, ma che è vivente», anche grazie a tanti incontri realizzati su argomenti legati al cibo, per esempio, dall’Ospedale Bambin Gesù.

Richiamando il significato della presenza della Santa Sede – che già nel 1851 aveva preso parte alla prima Esposizione di Londra – il Cardinale ricorda anche la Pietà di Michelangelo «migrata a New York» per l’Expo del 1964. «La nostra presenza sobria, circoscritta a 330 metri quadri, testimonia le domande che vogliamo accendere nelle coscienze, quelle interrogazioni espresse attraverso le due frasi che dominano all’esterno del nostro Padiglione, “Dacci oggi il nostro pane quotidiano” e “Non di solo pane”». Perché, nota ancora Ravasi, esiste una differenza anche lessicale e di significato tra «tavolo e tavola, con quest’ultima che è la mensa in cui uomini e donne, padri, madri e figli si incrociano. Per questo abbiamo voluto portare la nostra voce in questa tavola del mondo squilibrata, tra chi aspetta le briciole e chi, come noi, ha bisogno di diete». E, poi, naturalmente il “Non di solo pane” che rimanda al cibo spirituale, al valore anche simbolico, in tante culture e tradizioni, del nutrimento, al tavolo-tavola che è in tutte le Chiese, con l’Eucaristia, «segno della presenza continua di Cristo nel tempo e nello spazio. Il cibo è un segno di tutto ciò di cui l’uomo ha bisogno». Ravasi finisce con una preghiera di valore universale, il Salmo 41, con l’immagine della cerva che ha sete di Dio, e con l’annuncio che le offerte raccolte al Padiglione verranno destinate alla Carità del Papa.

Becciu: un sussulto delle coscienze

Gli fa eco monsignor Becciu, che dice: «La Santa Sede crede che si possano aprire orizzonti più ampi per il miglioramento della condizione della persona umana. Se ancora oggi oltre due miliardi di uomini e donne soffrono di malnutrizione e anche di fame cronica, la causa va ricercata anzitutto nell’assenza di volontà nel condividere, tra ingiustizie, violazioni e violenze. La Santa Sede sente la necessità di garantire un accesso al cibo nella giustizia. Anche quando il problema riguarda l’uso delle tecnologie, tale impegno domanda a governi e organizzazioni di operare insieme preservando le diversità, non contrapponendole e utilizzando il dialogo. Si tratta di ridiscutere le modalità di consumo del cibo, con un più diretto ripensamento dei nostri stili di vita, che paiono ormai orientati a una globalizzazione della indifferenza. Occorre invece globalizzare la solidarietà: è questo l’impegno a cui tutti siamo chiamati. Anche in un contesto come l’Expo le religioni siano in prima linea per il cibo come offerta, in grado di costruire una visone sociale di dono, di accoglienza, di condivisione verso il prossimo. Le religioni ben conoscono che libertà dalla fame vuol dire libertà dal conflitti e prevenzione della guerra».

Bagnasco: promuovere la dignità di ciascuno

Dopo gli intermezzi musicali dell’Orchestra Esagramma, sempre applauditissima, prende la parola il cardinale Bagnasco: «Nutrire l’individuo che ha fame è il primo e necessario imperativo. Tuttavia, l’uomo non vive di solo pane, come dimostra Dio che, con la manna, non nutre solo il suo popolo eletto, ma lo educa. Elevare a valore assoluto il cibo è sbagliato come accade ogni volta che l’uomo cade nella trappola di anteporre i beni materiali, dimenticando Dio e smarrendo se stesso, il dramma più grande. Il materialismo va di pari passo con l’egoismo che è oblio del prossimo. Per questo una visione efficientista, utilitaristica, strumentale dell’altro, un’assolutizzazione del pane in senso ampio, genera la mancanza di pane per tanti». Da qui il monito: «Senza Apocalissi, ma senza anche illusioni, dovremo individuare dove si annidano le cause che portano a sfruttare individui e, insieme, intere zone del pianeta. Che Expo sia occasione per una revisione delle dinamiche che legano, o più spesso dividono, i popoli e le nazioni». E se «l’annuncio e la pratica della carità evangelica costituiscono l’unico compito della Chiesa», si lavori «nella logica non dell’assistenzialismo, ma della promozione della dignità di ciascuno senza spaventarsi del compito che attende. È possibile cambiare il mondo e dobbiamo dircelo».

Scola: dalla Chiesa un impegno serio

È il cardinale Scola, infine, a indicare la forza con cui tutto questo sarà, appunto, possibile domani: «Siamo figli di un Dio che si è giocato nella storia. Per questo la Chiesa ha preso sul serio il tema di Expo, attraverso i titoli del Padiglione della Santa Sede, “Non di solo pane”, e dell’Edicola Caritas, “Dividere per moltiplicare”. Così, collaborando, abbiamo tentato di lavorare per globalizzare la solidarietà, come ci chiede papa Francesco. La Chiesa ha agito, agisce e agirà, sia prima sia dopo Expo, sia dentro sia fuori il sito espositivo, con l’accompagnamento dei volontari e promuovendo incontri sul tema».

Alcune cifre che l’Arcivescovo illustra danno la dimensione di un impegno approfondito, preparato a lungo e creativo: «135 mila visitatori per il Padiglione e 32.000 per l’Edicola Caritas. Molto lavoro è stato fatto nelle parrocchie, con trecento incontri specifici, presentando le antiche Basiliche ambrosiane e i monasteri della Diocesi». E ancora: «U milione e ottocentomila biglietti venduti dalla Duomo Viaggi e 50 mila spettatori per il grande evento del 18 maggio in piazza Duomo. Incontri promossi dal Centri culturali e dalla Caritas; scelte emblematiche come il Refettorio Ambrosiano che coniuga sobrietà, condivisione, bellezza».

Ovvio che questo vada ben al di là dei mesi di Expo: «Miliardi di persone dovranno cambiare comportamenti e ciò comporta un lavoro educativo enorme», sottolinea Scola in riferimento alla Carta di Milano: «Non resti solo un insieme di parole, ma diventi libertà realizzata. Vogliamo che nella Milano plurale la Chiesa possa offrire la sua proposta seria e umile per una vita buona che sia occasione di risorgimento per la città, per il Paese intero e per tutta l’Europa che ne ha tanto bisogno».

Chiude la mattinata il commissario unico di Expo Giuseppe Sala, che parla di onore «nel vedere questa partecipazione. È un segno forte, quello della presenza ecclesiale in Expo, ma anche fuori dal sito, con la volontà di accompagnarci e approfondire il nostro percorso. Ringrazio l’Arcivescovo di Milnao per il continuo invito a riflettere sul nuovo umanesimo, base di quel dialogo che con Expo, mi pare, stiamo realizzando».

Il video con l’espressione “Non di solo pane” pronunciato in tredici diverse lingue e l’esecuzione della Fantasia Corale di Beethoven – «musica come cibo per la mente che fa immaginare relazioni e desiderare armonia», usando le parole di monsignor Sequeri – suggellano la giornata.

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