Il pellegrinaggio, esperienza di fede


Redazione

Sì, perché c’è una ecologia necessaria anche negli itinerari dell’anima. Soprattutto oggi.

Mi spiego. L’uomo cerca la verità, la vita, la felicità. Forse sperimenta brandelli di felicità, ma cerca la totalità, l’infinità, l’eternità. Cioè cerca l’Assoluto, Dio.

Ne ha nostalgia, perché “di Lui stirpe noi siamo”.
E corre là dove il Mistero di Dio più si rivela.

In ogni religione il pellegrinaggio ad un santuario è luogo classico per incontrare e toccare il Divino dove più vistosamente s’è manifestato.

Ma al bisogno umano è necessario corrisponda un fatto oggettivo e documentabile perché questa religiosità non si tramuti in un incontro col mito, con un proprio sogno cristallizzato in fantasma, in un volto distorto di Dio inventato dall’uomo; e quindi in atteggiamenti interiori di irrazionalità, fideismo e magia.

Tutto questo degrada l’uomo.
Purtroppo oggi questo succede spesso: nelle sette, nel vasto mondo dell’astrologia e nel generico ricorso a forme di religiosità orientale senza verifica di contenuti e garanzie di credibilità.
Qui è questione di vera “ecologia dell’anima” , cioè sanità in fatto di religione!

La vera fede si esprime verso ciò che sicuramente ha il segno e la prova del Divino rivelatosi, nei FATTI cioè documentati di un impatto del Soprannaturale con l’umano. Nella storia abbiamo un punto e un luogo preciso, il più sicuro e vistoso, di questo esporsi di Dio sul mondo: la vicenda umana di quel Gesù di Nazaret che per 36 anni ha vissuto in Terra di Palestina dimostrando di essere Dio con segni, gesti e soprattutto col suo superare la morte nella risurrezione. “Chi vede me, vede il Padre, perché io e il Padre siamo una cosa sola”.

A questo scopo unico e decisivo è il santo pellegrinaggio alla terra di Gesù, la Terra Santa, o anche l’itinerario dell’Esodo, dal Sinai al Monte nebo. Da lì è partito quel Cristianesimo che ha seminato la storia di luoghi, momenti e uomini nei quali si sprigiona qualcosa di assolutamente inspiegabile con risorse umane.

Miracoli nei santuari, conversioni e gesti di santità, cioè di carità e dedizione e perdono, che sono eventi controcorrente rispetto ogni logica dell’egoismo umano. Pensiamo a Madre Teresa di Calcutta o alla vicenda umana di san Padre Pio.

La gente più semplice, ma anche i più disincantati di fronte ai limiti umani, vi accorrono come a dissetarsi come a fontana di vita. Chi va a Lourdes, a Fatima, a Loreto, al Santo di Padova, a S. Giovanni Rotondo, a Czevstochowa, ad Assisi, ecc.. s’accorge che lì c’è un dito particolare di Dio: e per l’evento o la figura ricordata che brilla di particolare santità, e per i frutti di conversione che ancor oggi spesso si incontrano.

Naturalmente ciascuno ha i suoi modi e le sue scadenze per incontrare Dio.
Ma può essere utile, una volta, lasciarsi guidare dalla Chiesa, dalla comunità cristiana, dalla guida e dall’indicazione di chi è addentro a questa esperienza di fede per cogliere più in profondità il Mistero, per verificare la propria piccola esperienza soggettiva con la realtà più vasta e oggettiva del cammino del Popolo di Dio nella storia.

Da qui l’invito a fare dei pellegrinaggi associandosi un gruppo di Chiesa che lo fa vivere come occasione di evangelizzazione e di preghiera.

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