Il co-progettista Marco Castelletti illustra le caratteristiche architettoniche della nuova chiesa. Giorgio Corbetta, tecnico della Curia, ricorda le numerose traversie che hanno ritardato i tempi di attuazione
di Annamaria BRACCINI
Una bella notizia. La posa della prima pietra di una chiesa lo è sempre – basti pensare che l’ultimo edificio di culto in Milano è stata costruito oltre dieci anni fa -, ma nel caso della “Pentecoste” lo è ancora di più, e non solo per un quartiere notoriamente “difficile” come Quarto Oggiaro, ma anche per le vicissitudini che hanno accompagnato questa realizzazione di alto profilo architettonico.
«È così dice l’architetto Marco Castelletti, da molti anni legato da un sodalizio professionale e di amicizia col progettista, il collega Boris Podrecca di Vienna -. Fu lui a vincere il Concorso internazionale bandito dalla Diocesi, a cui erano stati invitati professionisti di fama internazionale, dal Portogallo alla Finlandia, alla Gran Bretagna… Poi nel 2003 la Diocesi ha affidato a Podrecca e a me un incarico congiunto per definire il progetto».
Quali sono le scelte architettoniche fondamentali della nuova “Pentecoste”?
In considerazione dell’altezza dei caseggiati circostanti, si è preferito non costruire un campanile, rendendo invece visibile la chiesa sull’asse prospettico della strada che attraversa l’insieme residenziale di via Perini. Da un punto di vista compositivo, è centrale la facciata, disegnata come un alto portale costituito da un nastro di calcestruzzo avvolgente e che abbraccia l’aula centrale, la croce tridimensionale posta sull’asse della strada e il grande portale d’ingresso bronzeo. La chiesa è stata concepita nella ripetizione del numero tre, con la tripartizione dell’impianto dell’intero edificio sia in senso longitudinale che trasversale. Anche all’interno troviamo tre spazi: l’aula principale, la navata laterale – con una luce soffusa pensata primariamente per il raccoglimento dei fedeli – e la Cappella feriale, con una prevalenza, riguardo all’arredo, di pennelli lignei e strutture cosiddette “a cannocchiale”, sempre in legno, per la zona laterale.
«Il progetto è scaturito da un concorso di idee bandito nel 2002 dall’Ufficio Nuove Chiese e dal suo responsabile monsignor Giuseppe Arosio. A quell’epoca fu identificata una superficie di lottizzazione, peraltro non ancora assegnata alla parrocchia, distante circa trecento metri dall’attuale struttura della “Pentecoste”, ospitata temporaneamente in un asilo – spiega l’architetto Giorgio Corbetta, coordinatore della Sezione Tecnica della Curia -. Purtroppo, nell’affidamento del terreno da parte del Comune alla parrocchia, si sono presentate difficoltà che hanno allungato i tempi. Anzitutto si è evidenziata la necessità di intervenire sul terreno situato ai bordi di un’area riempita ancora dalle macerie della guerra, tanto che l’Amministrazione comunale ha dovuto procedere a una bonifica che ha richiesto anni per il collaudo. Nel frattempo si è presentata un’ulteriore difficoltà, ossia l’insistenza sulla medesima area di un metanodotto che è stato deviato, come era già comunque previsto nei progetti del Comune. E qui sono intercorsi altri lunghi periodi di tempo. Infine, dopo le immancabili lungaggini burocratiche, la parrocchia ha finalmente ottenuto il diritto di superficie e in due anni si sono concretizzati sia il progetto esecutivo, sia l’appalto, che stiamo oggi portando a compimento».