L'ha sottolineato l'Arcivescovo incontrando i giornalisti al termine del Pontificale dell'8 settembre. Raccolti più di 5 milioni

di Luisa BOVE e Mauro COLOMBO

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Anche durante il periodo di vacanze, «il Fondo Famiglia-Lavoro ha continuato a essere alimentato». L’ha sottolineato l’Arcivescovo incontrando i giornalisti al termine della celebrazione con cui si è aperto il nuovo anno pastorale. A quasi nove mesi dall’annuncio del cardinale Tettamanzi nell’omelia della messa di mezzanotte del Natale 2008 e a quasi otto dalla sua formale istituzione, il Fondo ha infatti raccolto contributi pari a 5.110.842,89 euro (il dato è aggiornato al 7 settembre). I «segnali positivi», dunque, non mancano, ma l’Arcivescovo ha tenuto a evidenziare due aspetti. In primo luogo, è vero che la crisi è «mondiale», ma non bisogna dimenticare quella «locale»: lo testimonia la segreteria del Fondo, che «continua a ricevere richieste concrete per la perdita di lavoro». Inoltre, ricordando anche l’analisi di un sociologo, Tettamanzi ha rilevato: «Stiamo attenti a non passare da una crisi economica a un altro tipo di crisi». E a questo proposito ha invitato a «ripensare agli stili di vita», perché «dalla sobrietà nasce la solidarietà».
Riguardo il Fondo, dati più specifici – risalenti in questo caso al 31 luglio – precisano che, dei 5.000.036,48 euro raccolti all’epoca – provenienti da 540 versamenti da parte di parrocchie, 158 da enti e società e 2001 da privati cittadini, oltre al contributo iniziale dell’Arcivescovo e a quello della Fondazione Cariplo -, ne erano stati assegnati 3.799.405. Sempre al 31 luglio, alla segreteria del Fondo – che coordina l’attività dei 104 distretti distribuiti in 74 decanati, nei quali sono impegnati 403 volontari -, erano pervenute 2667 schede. Di queste ne sono state valutate 1961 e accolte 1480 (pari al 75%), con un contributo medio erogato per persona pari a 2.567, 17 euro. Le schede pervenute dopo il 1° luglio verranno esaminate e deliberate nelle prossime settimane.
Tra le persone che hanno presentato domanda, il 47,4% è italiano e il 52,6% straniero, il 73% è costituito da uomini e il 27% da donne. Il 36,5% ha un’età compresa tra i 41 e i 50 anni, il 66% è sposato con figli, il 78,9% ha, al massimo, 4 componenti per nucleo familiare.
Più della metà delle persone è disoccupata (il 67,3% da meno di un anno). Tra i richiedenti compare anche un 10,7% di occupati full-time che, pur mantenendo il posto di lavoro, da qualche mese a causa della crisi non percepiscono salario. Dal dato relativo alla professione, risultano soprattutto operai specializzati o generici (il 61,2%), a testimonianza che i settori più colpiti sono l’edilizia e l’industria. Complessa è anche la situazione delle piccole aziende e delle imprese familiari, anche se i casi più difficili sono quelli dei soci delle cooperative, che non hanno diritto al sussidio di disoccupazione, né alla cassa integrazione. Le problematiche più frequentemente registrate riguardano il licenziamento, la fine di un contratto di lavoro a termine e la cassa integrazione.
Quanto ai nuclei familiari incontrati, una percentuale elevata non dispone di alcun reddito. Alta è anche la presenza di famiglie con redditi non superiori ai 500 euro mensili. Il 51% ha debiti pari, se non superiori, al reddito familiare complessivo. Tra i carichi debitori, particolarmente gravosi sono quelli per i mutui, relativi soprattutto a famiglie straniere, costrette ad acquistare un’abitazione perché non riescono a trovarla in affitto a prezzi equi. Il 56% dei richiedenti vive in casa in affitto, il 32% è proprietario. Finché sussiste il posto di lavoro, queste famiglie riescono, pur tra qualche difficoltà, a far fronte agli impegni assunti per l’acquisto della casa. Quando però il capofamiglia perde l’occupazione, insorgono problemi con le banche che possono sfociare nella perdita della casa.
Il 48,1% delle persone incontrate aveva già fatto domanda per ricevere altre forme di integrazione del reddito: sussidio di disoccupazione, Bonus famiglia della Regione, Social card, contributo della Provincia di Milano e altre forme di sostegno. Le prime due sono le più frequenti, mentre molto basso è il numero di richieste presentate per ottenere la Social card e i contributi della Provincia.

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