Redazione

L’Ufficio Nazionale della CEI per la pastorale della salute, in occasione della 14° Giornata Mondiale del Malato ha stabilito di aiutare le comunità cristiane a riflettere sul tema “alla scuola del malato” .

E’ un dato certo che se la sofferenza spinge a riflettere sul valore della vita, il malato può diventare un buon insegnante. Egli infatti ci fa comprendere prima di tutto che la vita è “dono e mistero”, se ci si impegna a fare memoria della vita mortale di Gesù, il quale non solo ha guarito i malati, ma ha assunto su di sé la sofferenza e, vincendo malattia e morte, ci ha fatto dono della salute piena che è la salvezza. Il discepolo, mettendosi sulla sua strada , impara a trasformare ogni croce umana in croce di Cristo.

La comunità cristiana si deve impegnare a riconoscere come preziosa sia la presenza del malato sia il suo essere soggetto attivo e responsabile della stessa comunità, perché con l’esperienza della sofferenza vissuta e condivisa alla luce della Pasqua di Cristo, si possa manifestare la potenza delle sue opere salvifiche. C’è di più, la comunità cristiana si deve impegnare anche a diventare “discepola” dei suoi stessi membri sofferenti, sapendoli non solo aiutare, ma anche sapientemente ascoltare. Infatti il malato testimonia in primo luogo l’importanza e il valore della vita in ogni istante e situazione, anche in un contesto che talvolta o spesso non è considerata nella sua totalità o è strumentalizzata o addirittura disprezzata. Come pure porta in evidenza la necessità di una personale e collettiva responsabilità nel prevenire le cause di malattia assumendo stili sani di vita, per cui dobbiamo impegnarci tutti, a tutti i livelli, per cercare una vita di speranza, di relazione e di crescita umana.

Il malato educa poi a scoprire il valore delle realtà essenziali della vita e il limite e la provvisorietà dell’esistenza umana. Soprattutto ci fa comprendere, alla luce della fede, che la sofferenza, pur conservando i tratti dell’assurdo, pur restando sorgente di lacerazione interiore, proiettata sullo sfondo della croce di Cristo,assume un significato che va oltre la semplice valorizzazione umana.

Una sensibile attenzione a chi soffre, porta a cogliere nel silenzio della sofferenza quanto il malato desidera dalla società. Egli chiede:
che la professione sanitaria abbia un’anima: è urgente l’impegno per una ripersonalizzazione delle professioni sanitarie, che favoriscono l’instaurarsi di un rapporto dalle dimensioni umane con il malato. che l’economia non sia prepotente: la salute ha dei costi, ma non deve avere prezzo. Per salvare il bisogno integrale di salute, di fronte a una cultura che spinge a considerare l’intero sistema sanità come una qualsiasi azienda, la salute come un prodotto e il malato come un cliente, è urgente e necessario riaffermare la centralità della persona umana. che la riorganizzazione sanitaria abbia sempre come finalità la cura di ogni persona e che la scienza sia sempre a servizio della vita. che la comunità cristiana sia più attenta al mondo della salute e della malattia per riconoscerlo come terreno privilegiato di Vangelo e si impegni a crescere come comunità che educa alla cura della salute. Per questo va rivalutata la missione della comunità cristiana che si prende cura dei sofferenti, quale contesto vitale che concorre a far uscire il malato dall’isolamento e dalla condizione di inutilità.
Mons. Italo Monticelli

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