La fermezza e la linearità di Oscar Luigi Scalfaro
Assoluto rigore morale, solidi principi democratici, fede profonda vissuta con grande discrezione, difesa a oltranza dei principi costituzionali e delle prerogative delle istituzioni democratiche. Questi i tratti distintivi di Oscar Luigi Scalfaro, padre costituente, più volte parlamentare e ministro, quindi Capo dello Stato in una delle fasi più delicate della storia repubblicana (1992-1999), deceduto ieri a Roma.
Le parole del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, rendono pienamente omaggio alla sua figura umana e alla sua lunghissima vicenda politica. Dopo aver ricordato «l’amicizia limpida e affettuosa che mi ha donato», Napolitano afferma che Scalfaro «è stato un protagonista della vita politica democratica nei decenni dell’Italia repubblicana, esempio di coerenza ideale e di integrità morale». «Da uomo di governo, ha lasciato l’impronta più forte nella funzione da lui sentitissima di ministro dell’Interno». Da Presidente della Repubblica, quindi, «ha fronteggiato con fermezza e linearità periodi tra i più difficili della nostra storia». E ancora: «Da uomo di fede, da antifascista e da costruttore dello Stato democratico, ha espresso al livello più alto la tradizione dell’impegno politico dei cattolici italiani, svolgendo un ruolo peculiare nel partito della Democrazia cristiana».
«Mai dimenticando la sua giovanile scelta di magistrato, Oscar Luigi Scalfaro ha avuto sempre per supremo riferimento la legge, la Costituzione, le istituzioni repubblicane – segnala ancora l’inquilino del Quirinale -. In questa luce sarà ricordato e onorato, innanzitutto da quanti come me hanno potuto conoscere da vicino anche il calore e la schiettezza della sua umanità».
Scalfaro era nato a Novara nel 1918. Vedovo di Maria Inzitari dalla quale ha avuto una figlia, Marianna, era cresciuto tra le fila dell’Azione cattolica italiana, per la quale aveva ricoperto anche importanti incarichi diocesani e regionali in Piemonte.
Nel suo curriculum da uomo al servizio dello Stato figurano molteplici incarichi e iniziative politiche di rilievo, fra cui l’impegno per il ritorno di Trieste all’Italia e l’accoglienza dei profughi giuliano-dalmati negli anni Cinquanta; la promozione delle leggi che poi consentirono alle donne l’accesso alla carriera di magistrato e in Polizia negli anni Sessanta; il tentativo di ammodernare l’istruzione pubblica negli anni Settanta; la lotta al terrorismo internazionale nel decennio Ottanta.
L’elezione a Capo dello Stato (aprile 1992) e ampia parte dell’incarico quale massima autorità nazionale coincidono con “Tangentopoli” e la lotta alla corruzione politica, con la crisi monetaria e occupazionale, con l’urgenza di affrontare la situazione del debito pubblico per agganciare l’Europa e accedere al consesso della moneta unica. Terminato il mandato e divenuto senatore ha vita, Scalfaro ha speso gli ultimi anni per la tutela dei principi costituzionali, pur nella convinzione che la seconda parte della Carta potesse essere ammodernata con la convergenza del più ampio schieramento politico.
Uomo di caratura moderata, Scalfaro lascia l’immagine di una politica di significativa levatura culturale e giuridica, attenta a percepire e servire gli interessi diffusi dei cittadini (con un’attenzione costante ai giovani, alle donne, alle fasce sociali meno abbienti), capace di dire – negli anni Novanta – «io non ci sto» verso le pressioni contrastanti le regole democratiche.
Un cittadino credente, Scalfaro, proteso nel tentativo di interpretare in maniera limpida il senso della “laicità della politica” senza peraltro trascurare il contributo storico e ideale dei cattolici per la costruzione della nazione italiana e dello Stato repubblicano. In questo senso Oscar Luigi Scalfaro lascia un tratto di modernità che ne fa uno “statista” di prima levatura.