Il Vicario episcopale monsignor Luca Bressan parla del nuovo Ufficio diocesano recentemente istituito dal cardinale Scola
di Pino NARDI
«Una Chiesa che apre le sue braccia e dice: “Vengo io e incontro te”». È questo il senso del nuovo Ufficio diocesano per l’accoglienza dei fedeli separati, istituito dal cardinale Angelo Scola. Lo sostiene monsignor Luca Bressan, vicario episcopale per la Cultura, la carità, la missione e l’azione sociale, che ha la responsabilità della nuova realtà, condotta a partire da settembre da don Diego Pirovano.
L’istituzione di questo Ufficio da parte dell’Arcivescovo è un primo frutto del Sinodo della famiglia?
Sì, il Cardinale lo motiva anche, tant’è vero che cita la Relatio Synodi dove c’è l’indicazione ai Vescovi diocesani di agire in questo campo. Secondo me è un frutto in due modi: sia nella linea generale di aiutare le Chiese a capire che la famiglia è soggetto di evangelizzazione; sia nel caso specifico di offrire un’attenzione alle famiglie ferite.
In particolare a chi si rivolge questo Ufficio?
Come viene detto nel Decreto e nella lettera, i destinatari sono le famiglie ferite. Quelle situazioni in cui non semplicemente è in atto una difficoltà all’interno della vita matrimoniale, ma che si sono strutturate in un modo così solido da portare nell’imminenza o ad aver già assunto decisioni di sospensione del legame matrimoniale.
Le parole chiave sono accoglienza e accompagnamento…
Esatto. Lo scopo dell’Ufficio è proprio quello di instaurare con queste persone un percorso di ascolto e allo stesso tempo di rilettura di tutta la propria vicenda. Nella prospettiva dell’esperienza di fede e quindi della presenza di Dio che continua nella loro vita, l’obiettivo è leggere il momento di crisi e come aiutare a costruire cammini di futuro, che portino a rileggere il legame e a verificare eventuali condizioni di nullità o di scioglimento del vincolo matrimoniale.
È un primo momento prima di rivolgersi al Tribunale ecclesiastico?
Sostanzialmente non è un prima semplicemente temporale, ma è un prima logico. Intende esprimere l’attenzione del Vescovo in questi casi, perché non vuole che chi si trova in una situazione che è già molto delicata e che rende quindi il soggetto ferito, incontri davanti a sé o abbia l’impressione di incontrare semplicemente un “ufficio burocratico”, uno sportello che assume il caso quasi in modo anonimo. In realtà il Vescovo vuole esplicitare la sua dimensione di paternità attraverso un Ufficio che invece dice l’accoglienza della persona e quindi innanzitutto mostra la solidarietà, il sostegno e anche la forza dell’accompagnamento spirituale.
Ha colpito molto nell’annuncio dell’iniziativa la sua gratuità e la presenza sul territorio…
Vanno proprio nella linea del favorire le persone.
L’istituzione di questo Ufficio è un messaggio anche per le comunità cristiane affinché siano vicine a chi è ferito?
Sì. Innanzitutto il messaggio è di ringraziamento, perché le comunità cristiane in questo campo già svolgono forme di attenzione e di accompagnamento, in particolare attraverso la creazione della rete di consultori che offre molti servizi. Il messaggio dell’Ufficio è dare maggiore visibilità a tutto questo che già facciamo, per renderlo più fruibile, ancora più vicino a quelle persone perché il momento è così delicato, gonfio di tensioni, di possibilità di ferite, che è meglio avere un eccesso di presenza e di vicinanza piuttosto che il contrario.
Stiamo parlando di persone in separazione o separate. Diversa la situazione di divorziati e nuove unioni…
Sì. L’Ufficio – come spiega bene il cardinale Scola – non vuole e non ha competenze su tutta la grande questione, che tra l’altro è ancora in discussione al Sinodo, di come immaginare l’accompagnamento e la presenza dei divorziati e risposati dentro la Chiesa oggi. Però sicuramente l’Ufficio si rivolge anche a tutti i divorziati che hanno tradotto la loro situazione di separazione canonica anche in una forma civile. In quel campo c’è spazio di lavoro per l’Ufficio.