È trascorso un anno dal primo contributo elargito. Un bilancio con Luciano Gualzetti: «Occorre una rete di persone per affrontare oggi la crisi finanziaria, domani altri bisogni
di Filippo MAGNI
Un anno fa, giovedì 2 aprile 2009, il Fondo Famiglia-Lavoro elargiva il primo contributo. A partire da quel giorno l’iniziativa voluta dal cardinale Dionigi Tettamanzi ha dato una mano a 2.896 famiglie, distribuendo un totale di 5.998.755 euro. Sono stati aiutati nuclei in difficoltà per lo stesso motivo, la perdita del lavoro, ma i profili familiari sono cambiati nel tempo. La svolta è avvenuta in autunno: gli stranieri e i giovani che si rivolgevano al Fondo hanno lasciato spazio alle famiglie, ai lavoratori italiani che dopo anni di servizio in azienda sono stati licenziati. E ancora oggi le richieste non accennano a diminuire.
«Esauriti i risparmi personali e la rete di solidarietà familiare, sempre più persone si appellano al Fondo – spiega Luciano Gualzetti, vicedirettore di Caritas Ambrosiana -. Nei primi mesi di operatività a inizio 2009, i volontari dei Centri d’ascolto incontravano persone già in difficoltà che la crisi aveva posto in situazioni drammatiche».
Il riferimento è agli immigrati, ai precari, ai giovani da poco entrati nel mondo del lavoro e più facilmente licenziabili. Oggi la situazione è del tutto diversa, spiega il vicedirettore: «Richiedono aiuto famiglie che mai avrebbero immaginato di doversi recare alla Caritas. Sono i nostri vicini di casa, i nostri amici. Sono persone “normali”, erroneamente convinte di avere un posto di lavoro solido, che hanno acceso mutui e allargato la famiglia. Per poi trovarsi spiazzati davanti alla perdita del reddito».
Non sapendo come comportarsi si rivolgono inizialmente ai parenti: genitori o cugini che per un tempo limitato possono contribuire al sostentamento delle necessità di base. Si comprimono alcune spese, si riducono i bisogni all’osso. Poi, con il peggiorare della situazione lavorativa, quando la cassa integrazione non basta più o la mobilità è avanzata, diventa necessario appellarsi a un sostegno esterno. «Per certi versi – spiega Gualzetti – è positivo che in tanti si rivolgano alla Caritas: mancando la sussistenza sociale, l’unica alternativa per sopravvivere sarebbero i prestiti delle finanziarie, cui poi bisogna riconoscere tassi d’interesse e commissioni insostenibili».
Il primo passo per affrontare la difficoltà, spiega Gualzetti, è riconoscere il bisogno di aiuto. «Dobbiamo eliminare la mentalità secondo cui siamo tutti individui che devono cavarsela da soli – chiarisce il vicedirettore -. La strada da percorrere porta alla creazione di comunità solidali all’interno delle quali potersi confrontare senza vergogna. Con la consapevolezza che ciò che è successo oggi a un amico potrebbe accadere domani alla mia famiglia». È in questo snodo che si gioca l’idea del Fondo, spiega il vicepresidente: «L’ha detto il cardinale Tettamanzi: a partire da questa iniziativa le parrocchie possono creare una rete di persone in grado di affrontare diverse problematiche». Non sono necessari grandi gesti, spiega: spesso «è sufficiente offrirsi di curare i figli di una persona disoccupata così da permetterle di cercare un lavoro».
A ciò si aggiunge il ruolo del Fondo come stimolo a cambiare gli stili di vita all’insegna della sobrietà e della solidarietà: «Se non si cambia, la crisi non sarà mai superata. I segnali non sono incoraggianti: basta guardare le vendite sempre in aumento di superenalotto e “gratta e vinci”. Nel loro piccolo sono lo specchio di una società che preferiva l’investimento in borsa e i giochi finanziari alla produzione. Esattamente la mentalità che ha provocato la crisi economica».
La strada per uscire dalla crisi, secondo Gualzetti, «è lunga e si scontra contro il grosso ostacolo fondamentale: non c’è lavoro. Lo dicono i numeri: la disoccupazione è salita dal 5,6% del 2007 al 7,3% del 2009, mentre nello stesso periodo la cassa integrazione è aumentata di cinque volte». Non è un caso che il Fondo Famiglia-Lavoro sia intervenuto maggiormente nelle aree della Diocesi che fondavano la propria economia su industria e artigianato. «La zona di Monza e della Brianza, il Vimercatese – precisa il vicepresidente Caritas – sono stati colpiti in modo drammatico e hanno beneficiato di maggiori aiuti da parte della Diocesi». Oltre un milione di euro (come si può leggere nella tabella a fianco) è partito dal Fondo per raggiungere la Zona pastorale di Monza; poco meno è stato distribuito a Rho. Nell’ordine fanno seguito Milano città, Sesto, Varese, Melegnano, Lecco.
L’iniziativa lanciata dal cardinale Tettamanzi la notte di Natale del 2008 ha aiutato numerose famiglie, ma molto è ancora da fare. È notizia di pochi giorni fa che secondo l’Istat i redditi attuali delle famiglie italiane sono i più bassi dal 1990, con un calo del 2,8% tra il 2008 e il 2009. Per questo proseguono nelle parrocchie le raccolte di offerte allo scopo di rimpinguare il Fondo: ad oggi sono stati raccolti 7.739.586 euro. È una cifra importante, conclude Gualzetti, «che deve necessariamente crescere per aiutare le famiglie cadute in una crisi di cui al momento non si vede la fine».