Nel quarto centenario della traslazione delle reliquie dei Magi nella parrocchiale di San Bartolomeo, un nuovo studio raccoglie documenti e testimonianze su questa significativa tradizione ambrosiana, che risale direttamente a sant'Ambrogio.
Voluto dalla comunità pastorale Epifania del Signore di Brugherio e stampato dall’associazione culturale Kairós, il libro Una città nel segno dei Magi è il risultato di una ricerca storica su documenti di archivio, testimonianze di personaggi pubblici e privati, vissuti nel territorio dell’attuale Comune di Brugherio, a Monza e a Milano, tra la seconda metà del secolo sedicesimo e la prima metà del secolo diciassettesimo.
La parte centrale del volume riguarda le vicende legate alle reliquie attribuite ai Re Magi, ritrovate durante la visita pastorale dell’arciprete di Monza, Camillo Aulario, il 14 maggio 1592, nell’antico oratorio del monastero, situato presso la cascina di Sant’Ambrogio. Secondo la tradizione, confermata e mai smentita da tutti i documenti analizzati, i tre ossicini delle falangi delle dita dei Re Magi furono regalati da Sant’Ambrogio alla sorella Marcellina, che sarebbe vissuta proprio nella Cascina Sant’Ambrogio, nel IV secolo.
A testimonianza di ciò, si è sempre mantenuta viva, nella Diocesi milanese e in modo specifico nel territorio brugherese, la devozione per le reliquie dei Re Magi e per i tre fratelli santi: Marcellina, Ambrogio e Satiro.
Nella trascrizione della visita pastorale dell’arcivescovo Federico Borromeo, avvenuta nel 1596, vi è la prova della corrispondenza tra l’antico oratorio e l’attuale chiesetta di Sant’Ambrogio. In quell’occasione venne prima descritta la chiesa esterna, aperta a tutti, poi la chiesa interna, riservata alle monache, ormai adibito a cantina, dove c’era ancora l’altare portatile in cui erano state rinvenute le famose reliquie. Una conferma storica della tradizione orale.
Il testo contiene anche interessanti note sul monastero di Sant’Ambrogio di Carugate, che l’arcivescovo Carlo Borromeo inserì nel territorio della parrocchia di San Bartolomeo. Da tempo le monache si erano trasferite nel monastero di Santa Caterina alla Chiusa, a Milano; erano però rimaste proprietarie di buona parte dei terreni della zona, che continuavano ad amministrare attraverso fattori, ragionieri e procuratori.
Analizzando i registri conservati nell’Archivio parrocchiale di San Bartolomeo, abbiamo ripercorso i momenti importanti della vita quotidiana delle persone, che vissero in particolare tra il 1584 e il 1633, conosciuto i cognomi e i nomi più diffusi e anche le attività svolte. Non sono poche le curiosità che ne emergono: molti dei cognomi che oggi abitano la città (Peraboni, Nava, Benaglia, Lamperti…) erano già presenti quattro secoli fa.
Il libro è in distribuzione presso la chiesa di San Bartolomeo e nelle librerie Parole Nuove e Amico Libro