È l’auspicio con cui il decano don Maurizio Pessina guarda alla visita pastorale del cardinale Scola (ore 21, Cinema Teatro Splendor), in un territorio caratterizzato dalla risposta solidale alla crisi e da una società multietnica, ma anche da una certa tensione tra tradizione e modernità
di Cristina CONTI
Martedì 22 marzo la Visita pastorale “feriale” del cardinale Angelo Scola toccherà il Decanato di Bollate (Milano, Zona IV)). Alle 21 presso il Cinema Teatro Splendor (piazza San Martino 5) è in programma l’incontro con sacerdoti, religiosi e fedeli laici.
«Siamo il terzo Decanato della diocesi: 21 parrocchie, 7 Comuni, 4 Comunità pastorali – spiega don Maurizio Pessina, parroco di San Martino e Decano -. Per preparare questo appuntamento abbiamo iniziato a trovarci tra noi preti dal mese di settembre e ne abbiamo parlato innanzitutto a livello decanale. Ho preparato poi alcune schede per stimolare la riflessione dei Consigli pastorali ed elaborare il volto della nostra comunità: una sorta di “fotografia” su come vivono i fedeli delle nostre parrocchie, per delineare luci, ombre e prospettive. Un’équipe di laici, formata da più di 25 persone (alcuni membri del Consiglio pastorale, altri responsabili o appartenenti alle commissioni pastorali decanali), ha preparato le domande da presentare all’Arcivescovo nel corso della serata: quesiti che conseguono da un’analisi della comunità pastorale pensati da laici che hanno il polso della situazione del fedele comune».
Un territorio, quello di Bollate, che ha avvertito profondamente la crisi economica. «Sì – conferma don Maurizio -. Una volta qui c’erano grandi industrie (basti pensare all’Alfa Romeo di Arese), oggi sono rimaste solo piccole fabbriche. Con la chiusura di quella e di altre aziende tante persone hanno perso il lavoro. Molti sono riusciti a trovare un’occupazione a Milano, grazie alla ferrovia che attraversa il Decanato e facilita gli spostamenti. La comunità cristiana, poi, ha risposto bene. Prima è stato attivato il Fondo Famiglia lavoro, diventato in seguito un Fondo Famiglia parrocchiale. Abbiamo avuto molte richieste e tante sono state soddisfatte grazie all’attività della Caritas, dei diversi gruppi di solidarietà e dei centri di ascolto parrocchiali».
L’immigrazione è molto presente?
Le realtà più segnate a questo proposito sono le parrocchie di Baranzate, dove addirittura c’è una parrocchia con 70 etnie diverse. Nelle altre il fenomeno è presente solo in parte. Il nostro territorio non è nuovo alle migrazioni: negli anni Sessanta e Settanta ha visto arrivare persone italiane dal Polesine, dal Veneto e dal Sud. Oggi ci sono gli stranieri e la società è multiculturale, multetnica e multireligiosa: a Baranzate ci sono molte iniziative per favorire l’integrazione.
Giovani: a che punto siamo?
Da noi ci sono grossi oratori, un vero e proprio volano per la vita della comunità parrocchiale anche adulta. Oggi, nonostante questo modello consolidato, la realtà giovanile trova difficoltà ormai comuni ovunque, come la dispersione. Grazie alla forte tradizione delle nostre attività riusciamo comunque ad avere presenze, anche se con numeri risicati. Ci sono problemi poi con i giovani-adulti, i quarantenni. Abbiamo difficoltà a raggiungerli con proposte mirate. Ma riusciamo a lavorare con i percorsi di iniziazione cristiana e con i nuovi cammini proposti dalla diocesi si riesce a coinvolgere di più le famiglie. In una nostra parrocchia è partita da un anno anche l’iniziativa delle famiglie missionarie fidei donum: una famiglia vive nella canonica di una chiesa sussidiaria e anima un quartiere a Bollate.
Quali le attese per l’incontro con l’Arcivescovo?
Nelle intenzioni del Cardinale l’incontro è feriale, quotidiano e familiare. Lo desiderano anche tutti i fedeli. Vorremmo che fosse un dialogo sereno, bello, franco e ricco. Da un punto di vista sociale la nostra è una realtà variegata e complessa. Le nostre parrocchie sono prevalentemente di antica tradizione: molto grosse per numero di fedeli e per patrimonio di fede. Solo alcune sono più recenti, in Comuni molto grandi. Proprio per questo motivo sentiamo la tensione tra tradizione e modernità. Oggi dobbiamo fare i conti con lo sviluppo post-moderno. A partire dalla tradizione la nostra comunità guarda con fiducia al futuro, ma ha bisogno di essere guidata verso nuove forme di evangelizzazione.