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Redazione Diocesi
«Non chiediamo altro che di poter essere quello che siamo: semplicemente cristiani». Nella giornata conclusiva del convegno missionario nazionale è toccato a don Gianni Colzani, docente alla Pontifica Università Urbaniana, tirare le fila di quattro giorni durante i quali si sono svolte quattro tavole rotonde, oltre 60 laboratori, sono intervenuti sei vescovi e il ministro della ricerca scientifica del Senegal.
Don Gianni Colzani ha esordito affermando che «il movimento missionario non è più soltanto un volto della Chiesa, non è un settore, ma un soggetto ecclesiale pienamente maturo».
Ha ripercorso il cammino degli ultimi quindi anni del movimento missionario italiano, le cui tappe principali sono state i convegni missionari nazionali.
«A Verona c’è stata la sorprendente scoperta della ricchezza e originalità della missione. A Bellaria c’è stato il momento della maturazione e della decisione di aprire il libro della missione».
«Montesilvano è stata l’occasione per la formulazione precisa di una proposta che umilmente ma con schiettezza facciamo alla chiesa italiana».
Questi i punti cardine della proposta emersa a Montesilvano:
Accoglienza.
«Un modo nuovo di intendere le relazioni e i popoli». I missionari hanno vissuto in prima persona l’accoglienza in quanto sono stati loro stessi per primi ad essere accolti dai popoli nei quali sono giunti per annunciare l’amore di Cristo. «Non ci sfugge che nella nostra Italia è scomparsa la cultura dell’accoglienza. C’è una diffusa tendenza alla diffidenza, anche all’interno della Chiesa. Siamo però convinti che l’accoglienza non è solo un valore umano, ma soprattutto un valore cristiano». «Il rispetto per la persona si estrinseca anche nella capacità di accoglierla».
Ruolo dei laici.
«Sono l’esercito che vive sulla frontiera fra Vangelo e vita», ha detto don Gianni Colzani, «Sono coloro dalle cui scelte di vita dipende la credibilità delle nostre chiese». Durante il Convegno molteplici e diversificate sono state le testimonianze di laici impegnati nella missione. Ci si è chiesto se nella chiesa italiana la riflessione intorno al loro ruolo e alla loro formazione stanno prendendo con decisione la strada di un’effettiva corresponsabilità nella vita della Chiesa.
Comunione e corresponsabilità per la missione.
Al di là delle riflessioni e delle speranze, si è notato che «mancano ancora indicazioni concrete di spazi in cui la comunione e la corresponsabilità possono essere vissuti». Secondo don Gianni Colzani, in altri termini, è venuto il momento di sperimentare strade nuove: è necessario un apporto di «creatività». Non bastano solo le parole e gli slogan, bisogna cominciare a trovare qualche proposta concreta.
Nuove sfide per la missione.
«La missione della Chiesa deve fare i conti non solo con gli ultimi, ma anche con la complessità sociale e culturale delle grandi città, con i giovani, con i mass media. E’ quindi necessaria una presentazione intelligente della fede, all’altezza dei bisogni del nostro mondo».
Ripensare le nostre strutture.
Don Gianni Colzani ha citato un proverbio latino americano secondo il quale «il valore di una tazza sta nella bevuta». In altri termini, dai lavori del convegno è emerso il bisogno di «ripensare in chiave missionaria le nostre esperienze di liturgia, carità, catechesi», avendo presente che «il valore di qualsiasi struttura sta nel servizio che può rendere e non per se stessa». Per dirla con più schiettezza, è necessario rivedere le forme di catechesi, di aiuto ai poveri, le nostre stesse liturgie senza rimanere attaccati a quelle che abbiamo sempre adottato.
Dario Paladini