Questa sera, alle ore 21. Un film ancora attuale, fra comicità e forza drammatica, per attendere l'inizio di EXPO 2015. Con questo omaggio al grande regista del Novecento si conclude la lunga rassegna del Cineforum del Circolo Cinematografico Bresso.
Questa sera, giovedì 23 aprile, alle ore 21, presso il Cinema San Giuseppe a Bresso (via Isimbardi, 30) il Cinecircolo Bresso propone un evento imperdibile: la proiezione del film Tempi moderni di Charlie Chaplin, uno dei capolavori cinematografici di tutti i tempi, in un’edizione completamente restaurata.
Un omaggio al grande regista del Novecento, che conclude anche la lunga rassegna 2014-2015 del Cineforum promosso dal Circolo Cinematografico Bresso, che ha visto, in ben 24 serate, una grande affluenza di pubblico con approfondimenti e iniziative speciali, dalla degustazione di cibi orientali al contributo di psicologi, storici e scrittori.
Tempi moderni, come scrive Lorenzo Tremarelli, «ancora oggi presenta intatta la sua comicità, anche se contiene molti spunti drammatici e persino la scena di un assassinio (quello del padre della monella, disoccupato in rivolta). Chaplin non è mai drammatico nel vero senso della parola, la sua è sempre una comicità “allargata”, che spazia fino ai confini dell’assurdo, o che si avvale del pathos per esprimere la complessità di un mondo per nulla allegro. Nelle scene in prigione, tra le più divertenti del film, non vi è mortificazione ma perfino pace. E’ la società che è ostile, che non accoglie.
L’umanità di Chaplin è anche nella sua diversità. Lui non è un’operaio qualsiasi, è Charlot. Non potrà mai adattarsi ad un lavoro monocorde e stritolante, perché per vent’anni lo abbiamo visto libero. E’ la rivolta della coscienza incorruttibile che rende Charlot così popolare, perché è vicino al cuore incontaminato di tutti gli esseri umani, non a uno status sociale deteminato o a una condizione di vita specifica. Alla fine del film lui e la gamine si trovano soli in una strada deserta, lei è disperata, ha perso tutto. Charlot fischietta. E’ meno triste, e indica alla ragazza la via dell’ottimismo, inducendola al sorriso e all’avvio verso nuove avventure. Per lui è normale, perchè è un vagabondo. E’ abituato a perdere qualcosa ma anche a ripartire. Non a caso la strada che prenderanno è del tutto libera, non c’è nulla intorno. Alla fine Charlot si riappropria di se stesso, nulla gli è precluso. Per la prima volta nel film non c’è traccia di limiti, visivi o meno.
Chaplin voleva terminare il film in un’altro modo. La ragazza avrebbe scelto di diventare suora, per proteggersi dalle minacce della società, e il vagabondo avrebbe intrapreso una strada solitaria, come spesso aveva fatto in altre opere. Girò tutto, ma poi cambiò idea, perchè il film aveva bisogno di un messaggio diverso.
Charlot non era più solo, aveva trovato una compagna di avventure, si poteva sperare. Sapeva anche che sarebbe stato un commiato nei confronti del celebre personaggio (che infatti non apparirà più, salvo che nelle sembianze del barbiere ebreo del Grande Dittatore, ma non era più Charlot) ed è senza dubbio uno dei più suggestivi che poteva pensare. Indicando come meta il sorriso verso il futuro, Charlot si era, senza dubbio, guadagnato il paradiso».