Stranieri integrati, ma poche scuole nel quartiere in cui domenica il cardinale Tettamanzi ha concluso la visita pastorale decanale. Le riflessioni di don Maurizio Pezzoni


Redazione

05/05/2008

di Cristina CONTI

Il decanato Vigentino sorge alla periferia Sud-est di Milano. Nove parrocchie particolarmente popolose, a ridosso di quartieri dove si continua a costruire. Domenica il cardinale Tettamanzi ha concluso la visita pastorale decanale con la celebrazione di una messa nella parrocchia della Madonna di Fatima. Ma quali sono i problemi di chi vive in questa zona? L’abbiamo chiesto al decano, don Maurizio Pezzoni.

Quali sono le particolarità del decanato?
È in atto una trasformazione urbanistica di proporzioni enormi. Si è partiti con il Piano di zona città 2000, diversi anni fa, fino ad arrivare al nuovo quartiere di lusso Santa Giulia. Nuovi palazzi, gente sempre diversa. Ma quello che davvero manca sono i servizi, soprattutto scuole e asili. Le nostre comunità contano circa 11-12 mila persone: le più piccole sono Chiaravalle e Quinto Sole. Presenze importanti come luogo di aggregazione sociale quando si soffre molto la solitudine.

Nelle periferie milanesi è diffuso il disagio giovanile. Da voi com’è la situazione?
È molto presente: baby gang, piccola delinquenza e un senso generale di insicurezza diffuso anche dalle nostre parti. I luoghi in cui si cerca di contrastare il disagio rimangono, comunque, gli oratori, dove preti giovani e un bel gruppo di volontari trascorrono molto tempo con i ragazzi, cercando di aiutarli a capire il senso della vita.

Parliamo di anziani: sono molti gli ultra65enni? E cosa fate per loro?
Sì, sono molti. E i problemi che hanno sono soprattutto la solitudine e la difficoltà di arrivare a fine mese. Per loro abbiamo pensato ad attività specifiche nelle parrocchie. Si va da momenti formativi e di scambio fino all’aiuto specifico per tutti i problemi relativi alla salute. Ma ci sono anche intrattenimenti per il tempo libero. Sono stati realizzati poi servizi come quelli per la compilazione del 730, il trasporto in ospedale per le visite mediche e l’aiuto per le pratiche civili.

A proposito degli immigrati: c’è integrazione nelle comunità?
L’immigrazione è molto forte qui. Forse più che in altri quartieri di Milano. Ci sono parrocchie che hanno addirittura il 20-25% di stranieri. Questo determina un senso di insicurezza non sempre giustificabile. Dopotutto si tratta di persone ben integrate. Secondo uno studio della Caritas in tutto il capoluogo lombardo gli stranieri sono per il 60% cristiani, in larga parte cattolici. Filippini e sudamericani sono la maggioranza. Un dato che inevitabilmente determina accoglienza e integrazione.

Le difficoltà ad arrivare a fine mese ormai attraversano ogni ceto sociale. Da voi il problema è sentito?
Indubbiamente. La nostra è una zona in cui si continua a costruire. Ma questo non risolve il problema casa: i prezzi sono alti, i mutui vengono stipulati per periodi lunghi, anche 40 o 50 anni. Ormai la povertà tocca tutte le famiglie, non si tratta più solo degli anziani o di fasce ben identificabili. Tranne qualche quartiere a livello di reddito molto elevato, in generale nel decanato la situazione è molto popolare. Problemi che sicuramente da un punto di vista sociale non contribuiscono a creare un clima accettabile.

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