La diocesi, attraverso la Vincenziana, gestisce quattro strutture nella metropoli


Redazione

08/07/2008

di Giuseppe GRAMPA
responsabile Coordinamento dei collegi e pensionati universitari
e direttore del S. Paolo

Da 17 anni il mese di luglio è per me in larga parte occupato da numerosi incontri con giovani che, conseguita la maturità al termine della scuola media superiore, vogliono entrare all’università. E scelgono Milano. Spesso accompagnati dai genitori, questi ragazzi arrivano da tutte le regioni italiane, con una certa prevalenza per i pugliesi, e cercano alloggio. Un’operazione non facile a Milano. La nostra città, infatti, ancor oggi fatica a considerarsi città universitaria.

Èvero: le università di Milano non vantano secoli di storia come a Pavia o a Bologna, dove questa è una realtà assai significativa da molti secoli. Il più antico ateneo milanese, il Politecnico, ha poco più di un secolo di vita. Eppure oggi Milano è a pieno titolo città universitaria, anche se i suoi studenti quasi scompaiono nella folla metropolitana. Ma basta andare alla Bovisa o alla Bicocca per scoprire come la presenza di due poli universitari può dare vita a quartieri periferici un tempo zone operaie e oggi aree industriali dismesse.

Dobbiamo ricordare che da molti anni la Chiesa di Milano si è fatta carico di questa accoglienza degli studenti. Si deve riconoscere a padre Gemelli, fondatore dell’Università Cattolica, la prima realizzazione, accanto alla sede universitaria, dei collegi per le ragazze, i ragazzi, e anche per i docenti: il Marianum, l’Augustinianum e la Domus Nostra.

Una seconda iniziativa in questo ambito risale alla metà del secolo scorso. L’arcivescovo Montini intuì la vocazione universitaria della città e favorì la costruzione di alcuni Collegi che oggi fanno capo alla Fondazione La Vincenziana. Sono collegi arcivescovili e oggi accolgono circa 500 studenti nelle tre sedi (San Filippo, San Paolo, Bertoni).

Vi sono poi nella nostra città una trentina di collegi universitari maschili e femminili promossi da congregazioni religiose o da soggetti cristianamente ispirati per circa 3500 studenti: una goccia nel grande mare dei “fuori sede”. Non posso dimenticare i molti “no” che ogni anno sono costretto a dire a quanti cercano ospitalità.

I nostri collegi universitari non sono solo strutture alberghiere: cercano di essere “ambiente”. Un vero ambiente non è mai semplice contenitore o cornice entro la quale si svolge la nostra vita. Creare, costruire un ambiente è un primo gesto educativo nei confronti della persona. Come quando si entra in una casa e subito si avverte il clima, la qualità dei rapporti tra le persone.

Sono molto felice quando un ragazzo che viene per cercare un posto in collegio mi dice d’aver percepito il clima dell’ambiente, la qualità dei rapporti tra i ragazzi, nel breve tempo in cui magari ha dovuto attendere il momento del colloquio con me. Questo clima dell’ambiente èil frutto di un lavoro diuturno, fatto di piccoli gesti quotidiani che investe i muri, ma soprattutto la trama dei rapporti.

Fa parte di questa costruzione il complesso delle regole per la civile convivenza, la determinazione degli orari, l’affidamento delle chiavi, l’apertura agli esterni, le attività ricreative e culturali, i momenti di svago e insieme di serio confronto su problemi del proprio tempo. Ecco alcune vie privilegiate per fare ambiente. Una speciale attenzione ha in tutti i collegi la formazione a una matura e libera esperienza della fede.

Infine i nostri sono collegi universitari e questa qualifica non può essere marginale. Nel nostro progetto educativo è rilevante e deve sempre essere valorizzata. Infatti il lavoro universitario svolto con impegno comporta un complesso di valori educativi preziosi. Dietro i voti c’è almeno in parte la storia di una persona. Non si ottengono alti risultati senza applicazione costante, esercizio regolare, disciplina dei desideri. Davvero c’è un solo grande rammarico: che questa opportunità così valida sia disponibile per un numero troppo esiguo di studenti.

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