Secondo il sindacato degli inquilini, è questo il numero dei nuclei famigliari che, superando un reddito annuo di 28 mila euro, perderebbe il diritto a una casa popolare. La Regione contesta il dato e sostiene di voler porre fine ai privilegi. Polemiche anche sull'aumento dei canoni Aler e comunali


Redazione

20/02/2008

di Cristina CONTI

Chi è troppo ricco deve lasciare le case popolari. Così diecimila famiglie milanesi sono a rischio sfratto. La Regione parla di dati non affidabili, ma il sindacato degli inquilini, il Sunia, è sul piede di guerra.

Lo scorso gennaio si è concluso il censimento sui canoni pagati dagli inquilini dell’edilizia popolare. Una legge regionale prevede, infatti, che i nuclei familiari che dispongono di un reddito Isee superiore ai 28 mila euro annui non abbiano il diritto di assegnazione; se è già acquisito, decade e in questo caso potranno restare nell’alloggio per tre anni pagando un canone di mercato. Ma alla scadenza del periodo di transizione dovranno lasciare l’appartamento.

«I nuclei famigliari che superano quel reddito sono almeno diecimila nella sola provincia di Milano – spiega Silvia Davite, del Sunia -. La cosa più grave è che si espelle da quartieri popolari il ceto medio. Un fatto inaccettabile anche dal punto di vista della sostenibilità. Sono infatti i canoni di queste famiglie a sostenere l’intero sistema». No, dunque, alla discriminazione e anche alla presenza di quartieri abitati solo da poveri, dove aumenterebbero soltanto il degrado.

Al centro della polemica ci sono anche gli aumenti del canone, che nelle case Aler varia tra il 50 e il 100% e in quelle del Comune tra il 100 e il 200%. Non tutti riescono a far fronte a queste spese e chi ci riesce viene mandato via. «La cosa è insostenibile anche dal punto di vista sociale: ci ribelliamo all’idea di creare quartieri ghetto dove vivono soltanto i più poveri», aggiunge Franco Mirabelli, consigliere regionale del Pd. Meglio innalzare, invece, il limite e ritirare la moratoria di sfratto.

La Regione, intanto, contesta i dati del Sunia. E commenta che non ci sarà nessuna stangata, ma uno stop definitivo ai privilegi e maggiore giustizia per chi davvero ha bisogno. «C’è chi fa demagogia a buon mercato e con altri fini, anche a costo di difendere ingiustizie che sono ormai sotto gli occhi di tutti. E l’Isee è lo strumento che abbiamo scelto in accordo con le parti sociali», sottolinea il direttore generale dell’assessorato alla Casa Franco Finato. Sull’attendibilità dei dati, comunque, la Regione dice di aspettare dati certi per poter dare ulteriori chiarimenti in materia.

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