Anche se “Ballarò” (Rai3) e “DiMartedì” (La7) hanno fatto registrare uno share rispettivamente dell’11,76% contro il 3,47%
di Marco DERIU
Probabilmente Giovanni Floris si aspettava un risultato migliore, certamente Urbano Cairo – che lo ha strappato alla Rai con un ingaggio principesco – vede in serio pericolo l’investimento che ha fatto. Questo, almeno, induce a pensare il poco successo di pubblico ottenuto da “DiMartedì”, il nuovo talk serale di La7, in onda il martedì sera in contemporanea con “Ballarò” (Rai3), passato dalle mani del citato giornalista a quelle di Massimo Giannini, già vicedirettore di La Repubblica.
La prima puntata ha sancito la netta vittoria di Giannini su Floris, facendo registrare uno share rispettivamente dell’11,76% contro il 3,47%. La netta sproporzione dice che il pubblico televisivo è più affezionato al formato che al conduttore e questa potrebbe non essere una cattiva notizia. In un ideale mondo dell’informazione (ammesso che a questo genere appartengano i talk show di attualità politica) l’appeal di un programma a prescindere da chi lo conduce, sarebbe il segno positivo di una trasmissione ben costruita e capace di prescindere dai personalismi. Ma la realtà televisiva nazionalpopolare viaggia su altri binari e propone un palinsesto sempre più centrato su personaggi e personalizzazioni.
Chi ha fatto zapping durante la diretta delle due trasmissioni, probabilmente di primo acchito si è confuso fra l’una e l’altra in molti momenti. Ambientazioni simili, temi analoghi, formati replicati e intemperanze verbali degli ospiti hanno dato l’impressione di un unico contenitore di parole, sdoppiato su due canali tv paralleli.
È stata clonata perfino l’apertura affidata al siparietto di un comico. Abituati negli ultimi anni a Maurizio Crozza come starter del “Ballarò” di Floris, ci siamo trovati di fronte un Roberto Benigni intervistato da Massimo Giannini, che ha provato a mettere qualche bollicina di ironia all’esordio del giornalista sulla nuova plancia di comando. Crozza, nel frattempo, ha riproposto la sua classica ouverture ironica all’inizio di “DiMartedì”, con le stesse modalità e gli stessi tempi scenici collaudati in tanti anni con Floris, ma dovendo anch’egli rinunciare a quella quantità di pubblico a cui per l’occasione si era abituato.
I rispettivi parterre della prima puntata sono stati predisposti giocando sul sicuro: a “Ballarò” erano ospiti Ferruccio De Bortoli, Maurizio Landini, Renato Brunetta, Graziano Del Rio e un’imprenditrice della grappa della famiglia Nonino. Su La7, Floris ha puntato sul solito Nando Pagnoncelli, sul sempreverde Abete, su Manuela Rapetti, Corrado Passera, Debora Serracchiani e Martinetti, fondatore della catena di gelati Grom. Solite facce – verrebbe da dire – e soprattutto soliti discorsi. Ma tant’è.
Evidentemente il pubblico televisivo tricolore ha bisogno di sentirsi rassicurato nelle sue abitudini di “consumo” dell’informazione di taglio politico e ritiene che il salotto di un talk show possa comunque consentirgli di capire meglio cosa succede dentro i palazzi del potere (o intorno a essi). Questo, perlomeno, devono aver pensato gli autori e i conduttori delle due trasmissioni, disposti a protrarre fino a mezzanotte le loro proposte di domande opinioni, filmati e interviste dedicate.
La somma dell’audience attesta un risultato complessivo intorno al 15% non di poco conto rispetto a un’attrattività che – nonostante tutto – il genere sembra mantenere. Ma può essere che alla lunga la curiosità del pubblico verso il nuovo “DiMartedì” e il rinnovato “Ballarò” si esaurisca, indirizzandosi verso qualche proposta un po’ meno scontata.