Sul mensile per bambini in età prescolare della San Paolo gli immigrati raccontano le favole dei loro Paesi

le fiabe degli stranieri

Ci sono fiabe – come Pollicino o Cappuccetto Rosso – conosciute in tutto il mondo, tradotte in diverse lingue e perciò appartenenti all’immaginario dei bambini di ieri e di oggi, dal Giappone alle Americhe. Nonostante qualche adattamento alla cultura locale, la fiaba mantiene le sequenze narrative di sempre, con le caratteristiche note a tutti.
Esistono altre fiabe che non hanno avuto la stessa fortuna, né una diffusione globale così importante, e sono poco conosciute al di fuori del Paese di origine. Spesso è proprio la cultura locale di cui sono portatrici a renderle poco “esportabili”, una peculiarità che conferisce loro quegli elementi di riconoscibilità e unicità tali da farle diventare patrimonio letterario condiviso solo in patria.
G Baby, il mensile per bambini in età prescolare del Gruppo Editoriale San Paolo, pubblica le fiabe provenienti da tutto il mondo secondo la tradizione culturale specifica del Paese di origine. Dall’Ucraina, alla Giordania, dalla Somalia alla Cina, la rubrica – a cura di Sofia Gallo, con le illustrazioni di Carla Manea – propone una formula che nasce dal racconto di persone immigrate («il mio racconto segue il corso del fiume e viene portato in giro dalle persone generose», dichiara Samira Garni, marocchina) per offrire ai giovanissimi lettori la conoscenza e la bellezza di storie appartenenti ad altri popoli e ad altri bambini, di Paesi lontani, affascinanti e ricchi come il nostro.
All’interno del mensile all’interculturalità è dedicata anche la rubrica “Come si dice”, illustrata dai disegni di Francesca Gallina: nomi comuni di cose e persone che appartengono al lessico dei pù piccoli, tradotti in inglese, spagnolo e arabo (con indicazione fonetica a fianco).
G Baby ha ricevuto nel 2009 il Premio Andersen per la promozione alla lettura. La linea editoriale è sempre più incentrata sul bambino accompagnandolo, passo dopo passo, nell’avventura del crescere. E questo coinvolgendolo e rispettandolo sempre. Anche attraverso l’espressione di un serio, ma divertente “progetto educativo” utile ai genitori, agli insegnanti, a quanti operano e vivono a contatto con i bimbi dai 3 ai 6 anni.

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