Tornare alle origini, riscoprendo il valore della testimonianza dei laici nel mondo

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Redazione Diocesi

di Vittorio CHIARI

I cristiani sono per loro natura “originali”! Mentre le società dell’uomo si aggiornano, adattandosi ai tempi in cui vivono, la Comunità dei credenti, la Chiesa, si aggiorna, ritornando alle origini della sua storia, quando erano pochi i Vescovi e i sacerdoti, ma ogni cristiano era chiamato ad annunciare il Vangelo, ogni casa era una chiesa.

Riandare alle origini significa riscoprire il valore della testimonianza dei laici nel mondo: «Voi dovete essere il sale della terra, la luce del mondo.
I sacerdoti non bastano più; molti pregiudizi anticlericali ostacolano e frustrano la loro opera. Ma anche se bastassero, i laici devono sentire il sacrosanto impegno di annunciare la loro fede. Non può un cristiano nascondere la luce che Dio gli ha dato».

Questo scriveva il Beato Cardinal Ferrari, arcivescovo di Milano dal 1894 al 1921, autentico profeta di quanto il Concilio Vaticano II proclamerà, portando una ventata d’aria fresca nella Chiesa, scuotendo i laici perché vivessero una nuova Pentecoste, di cui avrebbero dovuto essere protagonisti attivi.
Una lunga introduzione per suggerire ai laici di prendere sul serio il tema dell’educare, dell’animare i luoghi dove la Chiesa propone l’educazione, in particolare, negli Oratori.

C’è chi dubita della formula, chi rinuncia in partenza, di fronte ai mille problemi che suscita l’emergenza educativa: «Ci sono delle persone, dichiarava con il tradizionale humour Papa Giovanni, a cui piace complicare le cose semplici, a me piace semplificare le cose complicate».
La formula “Oratorio” è stata una delle cose semplici, una formula vincente per tanti anni. Non è l’unica, ma là dove ancora vive, ha ancora la sua efficacia.
Non basta: «Non è forse vero – scrive un altro cardinale di Milano, Carlo Martini – che anche la gioventù ha bisogno del nuovo, del “magis”, di qualcosa di più del benessere. Nella ricerca del nuovo ho sempre visto un elemento positivo, la volontà di cambiare qualcosa: vi si cela fede della Chiesa e la nostra fede nella gioventù».

Ecco accanto all’Oratorio, il fiorire dei Movimenti, dei gruppi, delle associazioni, di cose nuove, che ci dicono che la gioventù non dorme: «Se la gioventù è diventata silenziosa, ciò desta in me, scrive sempre il cardinal Martini, la preoccupazione che il suo cuore sia altrove».

Pur ricercando il nuovo, sembra che la formula Oratorio non debba essere abbandonata ma rilanciata, come più volte ha suggerito il cardinale Tettamanzi: bisogna ossigenarla, rifare il volto, l’immagine, dare qualche ricostituente…
Gli stessi gruppi ( non tutti per le loro finalità a più ampio respiro) possono vivere in oratorio, dandogli qualità, diventando “lievito” che fermenti la pasta buona che è la gioventù, alla quale si rivolge nel territorio.

Va rivisto come farlo vivere, guardandoci dentro bene, in profondità, per scoprirne l’anima profonda, la sua ragione d’essere. L’oratorio ha sempre permesso a molti giovani di scoprire Cristo, la Chiesa, la propria vocazione alla famiglia o alla vita religiosa, missionaria, al sacerdozio.
E’ stata palestra di cultura e di gioco, scuola di impegno politico per tanti giovani che nella vita sociale e civile hanno portato i valori della Dottrina sociale della Chiesa. All’Oratorio tanti giovani si sono preparati al volontariato, quello “tosto” che investe la propria vita, non saltuariamente, ma con grande fedeltà alle scelte di servizio alla carità educativa e a quella nei confronti dei più deboli.

E’ stato così per anni ma sarà così anche per il futuro? In Diocesi la Fom e quanti si interessano di pastorale giovanile stanno cercando risposte.
E’ confortante che si parli di oratori, nella nostra Diocesi e in tante altre in Italia. Esso è uno spazio importante per l’integrazione, per la prevenzione del disagio, per educare alla sobrietà della vita, all’impegno e alla responsabilità, all’arte delle arti, che è l’amore ma soprattutto l’oratorio è occasione di incontro con Dio, con Gesù Cristo, con la Chiesa.

Se si vuole vivere lo spirito del Concilio, occorre buttarsi nel mondo dei giovani per “ascoltarli e servirli”. Si tratta di formare ragazzi meno egoisti, più preoccupati del bene di tutti, più responsabili dei talenti che hanno ricevuto in dono. Di questo i laici devono sentire l’urgenza.
La proposta di affidare loro la direzione degli oratori arriva al momento giusto. E’ da prendere sul serio! Lo chiede la Chiesa, lo chiede il mondo giovanile. E il prete? Se c’è, dell’oratorio rimane il cuore e l’anima.

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