I fatti di questi giorni, da Coccaglio a Rosarno, stanno creando uno scisma non tanto sommerso tra i cristiani. Sono sempre più numerosi coloro che non fanno proprio l'insegnamento della Chiesa
di Vittorio CHIARI
Redazione Diocesi
Diventa sempre più difficile e problematico parlare ai nostri giovani oggi: in oratorio, nei gruppi o nella scuola. Sono tante le voci che li raggiungono: spesso in contraddizione, anche tra chi professa la Fede cristiana. Tra le questioni più controverse, quella sugli emigranti.
I fatti di questi giorni, da Coccaglio a Rosarno, stanno creando uno scisma non tanto sommerso tra i cristiani. Sono sempre più numerosi coloro che non fanno proprio l’insegnamento della Chiesa, del Papa, dei vescovi: più attenti agli opinionisti dei vari giornali, dei mass-media, alle parole dei politici che a quelle del Papa: “il pastore tedesco, che parla lingua delle SS”; del cardinale Dionigi, un “imam” che fa solo politica; del suo predecessore Martini, l’antipapa di prima e di dopo; perfino delle Caritas e delle Comunità di Sant’Egidio, delle San Vincenzo, organizzazioni che importano e favoriscono i clandestini, difendono i “rom” e proteggono il disagio, la criminalità, l’accattonaggio; degli oratori che accolgono gli extracomunitari, organizzano i doposcuola, le mense, il gioco�
Scrivere che la violenza di Rosarno non è altro che la ribellione degli schiavi sfruttati dai vari capolarati della Calabria, che vivono nella sporcizia, nella miseria e nella fame, in umilianti case di cartone, dove non c’è posto per un ricongiungimento familiare, per una sposa e una madre o un figlio, è passare per “buonista”. Per gente che sta dalla parte di chi usa sbarre di ferro come risposta a “innocenti, giustificabili” schioppettate (!) sparate contro loro, da non si sa chi!
Come cristiani siamo invitati a dare alte risposte a queste alte domande di accoglienza, che non vogliamo indiscriminata, ma va studiata, Governo e opposizione, con l’attenzione alle persone e ai “problemi” che li portano ad affrontare l’emigrazione dalla loro terra d’origine, senza gli spauracchi e la paure, che vietano non solo l’accoglienza ma anche la “ricchezza” del loro contributo allo sviluppo delle nostre comunità.
Come credenti ma anche come laici, come uomini di buona volontà, dovremmo chiedere perdono di tante ingiustizie e pregiudizi, che hanno pesato e pesano sugli stessi bimbi di questi “cercatori” di pane, lavoro e dignità. Come credenti accogliere l’appello alla solidarietà dei nostri Pastori: sono loro i depositari della Parola, gli interpreti del Vangelo. Loro e i Santi della Chiesa.
Ho sotto gli occhi le parole di un Venerabile, don Giuseppe Quadrio, un salesiano, uno degli ultimi dichiarati tali dalla Chiesa, nello stesso giorno di Papa Pio XII, di papa Giovanni Paolo II e di suor Enrichetta alfieri, l’eroica suora del carcere di San Vittore.
Scriveva un giorno: «Finché accanto a noi vi è chi soffre e noi non ce ne accorgiamo: noi non siamo cristiani; finché vicino a noi c’è chi piange, e noi non ce ne curiamo: noi non siamo cristiani; finché accanto a noi c’è chi ha fame, e noi non facciamo nulla: noi non siamo cristiani; finché la porta del nostro cuore rimane chiusa davanti a chi geme, a chi soffre e piange: noi non siamo cristiani; finché in una nazione c’è chi vive in semivuoti appartamenti ed altri in una baracca sotto gli archi del ponte: questa nazione non ha il diritto di chiamarsi cristiana; finché un signore, una signora paga capitali in sciocchezze, dando uno stipendio da fame alla propria donnetta: non sono cristiani”.
Sta con San Gregorio di Nissa: «Tu sei uomo, ama dunque i tuoi fratelli, non il denaro� Chi ha troppo non è fratello, ma ladro!… Che importa che il ricco faccia un po’ di elemosina: quel denaro costa lacrime di cento poveri».
Sta con San Basilio che predica: «Se uno spoglia chi è vestito, si chiama ladro.E chi non veste l’ignudo, quando può farlo, non merita forse altro nome? Il pane che tieni per te è dell’affamato, il mantello che custodisci nel guardaroba è dell’ignudo, le scarpe che marciscono in casa tua sono dello scalzo, l’argento che conservi sotterra è del bisognoso».
Don Quadrio appare più “dolce”, anche il tono sembra “soave”, ma le parole che dice hanno il sapore dei Padri della Chiesa, sono esigenti: «Cristiano è chi ama fino alla compassione; cristiano è chi spezza il proprio pane con chi non ne ha; cristiano è chi dimentico di sé, è pronto a donare, a donarsi agli altri; cristiano è chi ama senza ricambio, chi fa del bene senza aspettare riconoscimento, chi dà senza far pesare, “con quel tacer pudico che accetto il don ti fa”». Diventa sempre più difficile e problematico parlare ai nostri giovani oggi: in oratorio, nei gruppi o nella scuola. Sono tante le voci che li raggiungono: spesso in contraddizione, anche tra chi professa la Fede cristiana. Tra le questioni più controverse, quella sugli emigranti.I fatti di questi giorni, da Coccaglio a Rosarno, stanno creando uno scisma non tanto sommerso tra i cristiani. Sono sempre più numerosi coloro che non fanno proprio l’insegnamento della Chiesa, del Papa, dei vescovi: più attenti agli opinionisti dei vari giornali, dei mass-media, alle parole dei politici che a quelle del Papa: “il pastore tedesco, che parla lingua delle SS”; del cardinale Dionigi, un “imam” che fa solo politica; del suo predecessore Martini, l’antipapa di prima e di dopo; perfino delle Caritas e delle Comunità di Sant’Egidio, delle San Vincenzo, organizzazioni che importano e favoriscono i clandestini, difendono i “rom” e proteggono il disagio, la criminalità, l’accattonaggio; degli oratori che accolgono gli extracomunitari, organizzano i doposcuola, le mense, il gioco�Scrivere che la violenza di Rosarno non è altro che la ribellione degli schiavi sfruttati dai vari capolarati della Calabria, che vivono nella sporcizia, nella miseria e nella fame, in umilianti case di cartone, dove non c’è posto per un ricongiungimento familiare, per una sposa e una madre o un figlio, è passare per “buonista”. Per gente che sta dalla parte di chi usa sbarre di ferro come risposta a “innocenti, giustificabili” schioppettate (!) sparate contro loro, da non si sa chi! Come cristiani siamo invitati a dare alte risposte a queste alte domande di accoglienza, che non vogliamo indiscriminata, ma va studiata, Governo e opposizione, con l’attenzione alle persone e ai “problemi” che li portano ad affrontare l’emigrazione dalla loro terra d’origine, senza gli spauracchi e la paure, che vietano non solo l’accoglienza ma anche la “ricchezza” del loro contributo allo sviluppo delle nostre comunità. Come credenti ma anche come laici, come uomini di buona volontà, dovremmo chiedere perdono di tante ingiustizie e pregiudizi, che hanno pesato e pesano sugli stessi bimbi di questi “cercatori” di pane, lavoro e dignità. Come credenti accogliere l’appello alla solidarietà dei nostri Pastori: sono loro i depositari della Parola, gli interpreti del Vangelo. Loro e i Santi della Chiesa. Ho sotto gli occhi le parole di un Venerabile, don Giuseppe Quadrio, un salesiano, uno degli ultimi dichiarati tali dalla Chiesa, nello stesso giorno di Papa Pio XII, di papa Giovanni Paolo II e di suor Enrichetta alfieri, l’eroica suora del carcere di San Vittore. Scriveva un giorno: «Finché accanto a noi vi è chi soffre e noi non ce ne accorgiamo: noi non siamo cristiani; finché vicino a noi c’è chi piange, e noi non ce ne curiamo: noi non siamo cristiani; finché accanto a noi c’è chi ha fame, e noi non facciamo nulla: noi non siamo cristiani; finché la porta del nostro cuore rimane chiusa davanti a chi geme, a chi soffre e piange: noi non siamo cristiani; finché in una nazione c’è chi vive in semivuoti appartamenti ed altri in una baracca sotto gli archi del ponte: questa nazione non ha il diritto di chiamarsi cristiana; finché un signore, una signora paga capitali in sciocchezze, dando uno stipendio da fame alla propria donnetta: non sono cristiani”. Sta con San Gregorio di Nissa: «Tu sei uomo, ama dunque i tuoi fratelli, non il denaro� Chi ha troppo non è fratello, ma ladro!… Che importa che il ricco faccia un po’ di elemosina: quel denaro costa lacrime di cento poveri».Sta con San Basilio che predica: «Se uno spoglia chi è vestito, si chiama ladro.E chi non veste l’ignudo, quando può farlo, non merita forse altro nome? Il pane che tieni per te è dell’affamato, il mantello che custodisci nel guardaroba è dell’ignudo, le scarpe che marciscono in casa tua sono dello scalzo, l’argento che conservi sotterra è del bisognoso».Don Quadrio appare più “dolce”, anche il tono sembra “soave”, ma le parole che dice hanno il sapore dei Padri della Chiesa, sono esigenti: «Cristiano è chi ama fino alla compassione; cristiano è chi spezza il proprio pane con chi non ne ha; cristiano è chi dimentico di sé, è pronto a donare, a donarsi agli altri; cristiano è chi ama senza ricambio, chi fa del bene senza aspettare riconoscimento, chi dà senza far pesare, “con quel tacer pudico che accetto il don ti fa”».