Non possiamo lasciare il Santo Padre solo nell'Orto degli Ulivi, nel suo compito di salvare a Verità, la dignità della Chiesa, nell'annuncio della bontà e della misericordia di Dio.
di Vittorio CHIARI
Redazione Diocesi
Anch’io voglio bene al Papa. Lo scrivo, dopo avere riletto il libro che don Primo Mazzolari aveva dedicato al Papa nel 1942, Pio XII. Lo scrivo oggi che il Papa è Benedetto XVI.
Don Bosco, ai tempi di Pio IX, voleva che i suoi ragazzi non inneggiassero a Pio IX, ma al Papa! I nomi cambiano ma il Papa va amato sempre: è il successore di Pietro, è il vicario di Cristo! Questo insegnava ai suoi giovani. Vale anche ai nostri giorni dove diventa sempre più importanti far sentire ai giovani che sono parte della Chiesa e che nella Chiesa, su questa terra, il cuore è il Papa. Non per suo volere. Per volere di Gesù Cristo.
Il cuore della Chiesa batte con il cuore del Papa.
“Tra tanti manti rossi di prelati e di nobiluomini, il Papa è il solo che vesta di bianco, un bianco immacolato, anche se il candore delle lane non rifulge”. E’ sempre don Mazzolari che scrive, testimoniando la sua devozione al Papa. Quando pensa a lui, pensa all’Agnello di Dio: “Da molti secoli non c’è un Papa che porti la palma del martirio: e da cento anni in qua nessun papa fu strappato a forza dalla sua casa e condotto in esilio. Ma non per questo è chiusa la passione. Se non c’è un Calvario, c’è un giardino, e le agonie si prolungano nel Getsemani come in Vaticano. Se sulle lane del Papa non c’è sangue, c’è nel suo cuore l’agonia di tutti i morenti. Nella sua solitudine, egli assiste allo strazio del Cristo che muore, senza poter morire� Quali sono i cristiani che immaginano gli orti vaticani attigui all’Orto degli Ulivi?”.
Gli orti vaticani sono ben curati, un alternarsi di verde e di fiori che rimandano al grande Artista della natura, a Dio Creatore dalla fantasia infinita e multicolore. L’Orto del Getsemani ti rimandano a Gesù che suda sangue. Mi pare, per quanto conosco dei Papi della mia generazione, che essi abbiano passeggiato nei giardini vaticani per un attimo di distensione, di silenzio e di preghiera, ma che gli stessi giardini più volte per loro si sono trasformati in Orto degli Ulivi di fronte alle notizie che giungevano da ogni parte del mondo.
Non ha privilegi il Papa. Il buon Dio non riserva a lui un trattamento di riguardo. Non l’ha riservato neppure a suo Figlio Gesù. “E’ sotto gli ulivi che va cercato il Cristianesimo. Se non fossero i buoni a soffrire, il Regno di Dio non sarebbe più uno scandalo e un fallimento,come lo è stato dal Calvario in poi, ma diventerebbe una pacifica repubblichetta di ben pensanti� Il Signore da allora non si lascia trovare che sotto gli Ulivi”. E’ una riflessione di don Giuseppe Quadrio, un prete dichiarato da poco Venerabile, presentato al Papa da don Enrico, gli il salesiano che ha predicato gli Esercizi Spirituali nella Quaresima di quest’anno.
La Chiesa non è una repubblichetta e il Papa non è un semplice presidente: vicario di Cristo porta su di sé i dolori del mondo. Non solo la fame di milioni di poveri. Le guerre più o meno nascoste. I razzismi. Gli egoismi di chi arma le genti. Oggi sulle sue spalle gravano le ferite e gli scandali di cristiani che hanno tradito Cristo, la Chiesa; la disaffezione ai valori del Vangelo, agli insegnamenti della Tradizione; l’abbandono della frequenza alla Messa, al sacramento della Riconciliazione; la banalizzazione dell’amore e della famiglia; la fuga dall’educare e dell’essere accanto ai giovani testimoniando la preziosità della vita, che va stimata, amata, rispettata, difesa fino dal primo concepimento�
Non possiamo lasciare il Papa solo nell’Orto degli Ulivi, nel suo compito di salvare a Verità, la dignità della Chiesa, nel suo essere segno di unità dei credenti, nell’annuncio della bontà e della misericordia di Dio. Non si può lasciare nella solitudine il Papa che non parteggia, che non può prendere posizione se non per i valori eterni. Bisogna che qualcuno gli stia vicino, che intrecci le sue preghiere con le proprie, le sue sofferenze in una condivisione non passiva ma attiva, accogliendo le sue indicazioni, le sue parole.
Da ragazzi ci facevano sentire “qual falange di Cristo redentore” accanto al Papa. Il linguaggio è superato ma occorre animare i giovani a mettersi accanto al Papa. Non solo nelle Giornate Mondiali. Nei pellegrinaggi e nelle Feste. Ma nel quotidiano, testimoniando l’essere cristiani nella scuola, sul posto di lavoro, nel tempo libero, nel costruire l’amore, nel rispondere alla chiamata del Signore alla vita sacerdotale o religiosa, vivendo la vita della Chiesa,volendo bene al Papa Anch’io voglio bene al Papa. Lo scrivo, dopo avere riletto il libro che don Primo Mazzolari aveva dedicato al Papa nel 1942, Pio XII. Lo scrivo oggi che il Papa è Benedetto XVI.Don Bosco, ai tempi di Pio IX, voleva che i suoi ragazzi non inneggiassero a Pio IX, ma al Papa! I nomi cambiano ma il Papa va amato sempre: è il successore di Pietro, è il vicario di Cristo! Questo insegnava ai suoi giovani. Vale anche ai nostri giorni dove diventa sempre più importanti far sentire ai giovani che sono parte della Chiesa e che nella Chiesa, su questa terra, il cuore è il Papa. Non per suo volere. Per volere di Gesù Cristo. Il cuore della Chiesa batte con il cuore del Papa.”Tra tanti manti rossi di prelati e di nobiluomini, il Papa è il solo che vesta di bianco, un bianco immacolato, anche se il candore delle lane non rifulge”. E’ sempre don Mazzolari che scrive, testimoniando la sua devozione al Papa. Quando pensa a lui, pensa all’Agnello di Dio: “Da molti secoli non c’è un Papa che porti la palma del martirio: e da cento anni in qua nessun papa fu strappato a forza dalla sua casa e condotto in esilio. Ma non per questo è chiusa la passione. Se non c’è un Calvario, c’è un giardino, e le agonie si prolungano nel Getsemani come in Vaticano. Se sulle lane del Papa non c’è sangue, c’è nel suo cuore l’agonia di tutti i morenti. Nella sua solitudine, egli assiste allo strazio del Cristo che muore, senza poter morire� Quali sono i cristiani che immaginano gli orti vaticani attigui all’Orto degli Ulivi?”.Gli orti vaticani sono ben curati, un alternarsi di verde e di fiori che rimandano al grande Artista della natura, a Dio Creatore dalla fantasia infinita e multicolore. L’Orto del Getsemani ti rimandano a Gesù che suda sangue. Mi pare, per quanto conosco dei Papi della mia generazione, che essi abbiano passeggiato nei giardini vaticani per un attimo di distensione, di silenzio e di preghiera, ma che gli stessi giardini più volte per loro si sono trasformati in Orto degli Ulivi di fronte alle notizie che giungevano da ogni parte del mondo.Non ha privilegi il Papa. Il buon Dio non riserva a lui un trattamento di riguardo. Non l’ha riservato neppure a suo Figlio Gesù. “E’ sotto gli ulivi che va cercato il Cristianesimo. Se non fossero i buoni a soffrire, il Regno di Dio non sarebbe più uno scandalo e un fallimento,come lo è stato dal Calvario in poi, ma diventerebbe una pacifica repubblichetta di ben pensanti� Il Signore da allora non si lascia trovare che sotto gli Ulivi”. E’ una riflessione di don Giuseppe Quadrio, un prete dichiarato da poco Venerabile, presentato al Papa da don Enrico, gli il salesiano che ha predicato gli Esercizi Spirituali nella Quaresima di quest’anno.La Chiesa non è una repubblichetta e il Papa non è un semplice presidente: vicario di Cristo porta su di sé i dolori del mondo. Non solo la fame di milioni di poveri. Le guerre più o meno nascoste. I razzismi. Gli egoismi di chi arma le genti. Oggi sulle sue spalle gravano le ferite e gli scandali di cristiani che hanno tradito Cristo, la Chiesa; la disaffezione ai valori del Vangelo, agli insegnamenti della Tradizione; l’abbandono della frequenza alla Messa, al sacramento della Riconciliazione; la banalizzazione dell’amore e della famiglia; la fuga dall’educare e dell’essere accanto ai giovani testimoniando la preziosità della vita, che va stimata, amata, rispettata, difesa fino dal primo concepimento�Non possiamo lasciare il Papa solo nell’Orto degli Ulivi, nel suo compito di salvare a Verità, la dignità della Chiesa, nel suo essere segno di unità dei credenti, nell’annuncio della bontà e della misericordia di Dio. Non si può lasciare nella solitudine il Papa che non parteggia, che non può prendere posizione se non per i valori eterni. Bisogna che qualcuno gli stia vicino, che intrecci le sue preghiere con le proprie, le sue sofferenze in una condivisione non passiva ma attiva, accogliendo le sue indicazioni, le sue parole.Da ragazzi ci facevano sentire “qual falange di Cristo redentore” accanto al Papa. Il linguaggio è superato ma occorre animare i giovani a mettersi accanto al Papa. Non solo nelle Giornate Mondiali. Nei pellegrinaggi e nelle Feste. Ma nel quotidiano, testimoniando l’essere cristiani nella scuola, sul posto di lavoro, nel tempo libero, nel costruire l’amore, nel rispondere alla chiamata del Signore alla vita sacerdotale o religiosa, vivendo la vita della Chiesa,volendo bene al Papa