È partita l'attività in Oratorio! La formula tiene ancora. Lo dicono i preti e i laici che vi lavorano. Le famiglie che lo ritengono uno spazio educativo alternativo a tante proposte, forse più seducenti, ma che non vanno al cuore delle domande dei giovani. Tiene ma va aggiornato, forse ricreato negli orari, nelle proposte formative di tempo libero
di Vittorio CHIARI
Redazione Diocesi
Un tempo per fare Oratorio bastava “un pràa, un prèt, un cés” (“un prato , un prete, i servizi”), oggi ci vuole qualcosa di più! Personalmente ritengo che non bastano strutture nuove, stili moderni: è il prete che conta. O, se il prete non può esserci, l’educatore o gli educatori, che sono presenti nei tempi previsti, per dare all’ambiente quel clima di famiglia, di cui – oggi più che ieri – hanno bisogno i nostri ragazzi e ragazze.
Oratorio, luogo di accoglienza serena, gioiosa, per annunciare il Vangelo. La massa dei giovani e degli adulti, ai quali non si è parlato di Vangelo, va aumentando. Non solo: Gesù stesso va sparendo dall’orizzonte della cultura e dell’organizzazione sociale, dalla coscienza dei giovani, che sono spesso condizionati da intellettuali, italiani e stranieri, che parlano d’inutilità della religione, dell’inutilità di Dio, che sradicano Cristo dalla concretezza storica per farne un personaggio da mito, equiparandolo a un rivoluzionario illuso o a uno dei tanti maestri religiosi, senza salvaguardare la realtà divina: Cristo si presenta come figlio di Dio!
Mi domandavo, nella rubrica settimanale che tengo su un quotidiano milanese, il perché di tanta acrimonia e arroganza di questi profeti laicisti, ai quali sono completamente ignote le vite donate di chi, nel nome di Dio, ha lavorato e lavora al servizio degli altri, senza guadagno, soffrendo e morendo in perdita, «stupidità che il mondo non capisce, né scusa, né tollera».
Distruggendo Dio, mettendolo nuovamente nel Sepolcro, con ragionamenti d’uomo, spengono la speranza, tolgono le fondamenta al vivere e all’amore: «L’esclusione di Dio, della religione e della virtù dalla vita pubblica conduce in ultima analisi a una visione monca dell’uomo e della società, e pertanto a una visione riduttiva della persona e del suo destino», ha spiegato Benedetto XVI nel recente viaggio in Inghilterra, riflettendo sui moniti dell’ateismo del XX secolo. In alcuni regioni della Spagna, il peggior insulto lanciato a una persona è apostrofarlo con un “tu sei senz’anima” o “senza madre”: un mondo “disanimato” è il mondo senza Dio, senza religione.
All’Oratorio i ragazzi e i giovani incontrano un’anima, incontrando Cristo nella catechesi, nel gioco, nelle mille iniziative che la fantasia degli educatori suggerisce, nella comunità oratoriana, nei catechisti e nel prete che è il cuore dell’Oratorio.
Ma per incontrarlo, bisogna alimentare nei ragazzi il desiderio di Dio. E qui le difficoltà sono davvero tante: ci sono ragazzi che entrano in Oratorio senza memorie, analfabeti di Dio, del Vangelo, della Chiesa. Altri arrivano motivati dalla famiglia: «Va all’Oratorio, che là ti insegnano ad essere un bravo ragazzo!». Non dicono un “bravo cristiano”, ma è già qualcosa l’identificazione con la bontà, che all’Oratorio uno può apprendere, quasi per osmosi, vivendo con coetanei ed educatori “buoni”. I famosi “buoni esempi” di un tempo non hanno perso la loro forza.
L’altra difficoltà arriva dalle tecnologie moderne: con le enormi potenzialità che possiedono corrono il rischio di ingabbiare i ragazzi. Lo sanno bene anche gli insegnanti nella scuola. In Oratorio, nella vita gruppo e di gioco, i ragazzi possono trovare un giusto equilibrio tra le tecnologie e le relazioni vere, autentiche, che riempiono il vivere, allontanando ogni solitudine.
In Oratorio, inoltre, si può vivere in modo semplice la cultura che tiene lontani i ragazzi e le ragazze dai modelli che fanno “immagine”, un bene che sembra che si debba raggiungere a ogni costo. In Oratorio, inolte, vengono presentati ai ragazzi testimoni di vita e non personaggi di successo del mondo dello spettacolo e dello sport, ai quali assomigliare nel vestito, nel linguaggio, nella moda. Non ha molta presa il discorso di chi si adegua a “quello che fan tutti”, a “quello che sono tutti”. E questo dipende dal carisma degli educatori, dal rapporto che hanno con le famiglie e i genitori. Se le famiglie sono assenti o, peggio, sono trasgressive, indeboliscono i ragazzi, li rendono più facili vittime del mondo che li circonda e la stessa influenza dell’Oratorio diventa discontinua, frettolosa, difficile. Iniziando il nuovo anno pastorale, occorre che tutti prendano coscienza delle loro responsabilità per dare ai ragazzi semi di speranza per il futuro. Un tempo per fare Oratorio bastava “un pràa, un prèt, un cés” (“un prato , un prete, i servizi”), oggi ci vuole qualcosa di più! Personalmente ritengo che non bastano strutture nuove, stili moderni: è il prete che conta. O, se il prete non può esserci, l’educatore o gli educatori, che sono presenti nei tempi previsti, per dare all’ambiente quel clima di famiglia, di cui – oggi più che ieri – hanno bisogno i nostri ragazzi e ragazze.Oratorio, luogo di accoglienza serena, gioiosa, per annunciare il Vangelo. La massa dei giovani e degli adulti, ai quali non si è parlato di Vangelo, va aumentando. Non solo: Gesù stesso va sparendo dall’orizzonte della cultura e dell’organizzazione sociale, dalla coscienza dei giovani, che sono spesso condizionati da intellettuali, italiani e stranieri, che parlano d’inutilità della religione, dell’inutilità di Dio, che sradicano Cristo dalla concretezza storica per farne un personaggio da mito, equiparandolo a un rivoluzionario illuso o a uno dei tanti maestri religiosi, senza salvaguardare la realtà divina: Cristo si presenta come figlio di Dio!Mi domandavo, nella rubrica settimanale che tengo su un quotidiano milanese, il perché di tanta acrimonia e arroganza di questi profeti laicisti, ai quali sono completamente ignote le vite donate di chi, nel nome di Dio, ha lavorato e lavora al servizio degli altri, senza guadagno, soffrendo e morendo in perdita, «stupidità che il mondo non capisce, né scusa, né tollera».Distruggendo Dio, mettendolo nuovamente nel Sepolcro, con ragionamenti d’uomo, spengono la speranza, tolgono le fondamenta al vivere e all’amore: «L’esclusione di Dio, della religione e della virtù dalla vita pubblica conduce in ultima analisi a una visione monca dell’uomo e della società, e pertanto a una visione riduttiva della persona e del suo destino», ha spiegato Benedetto XVI nel recente viaggio in Inghilterra, riflettendo sui moniti dell’ateismo del XX secolo. In alcuni regioni della Spagna, il peggior insulto lanciato a una persona è apostrofarlo con un “tu sei senz’anima” o “senza madre”: un mondo “disanimato” è il mondo senza Dio, senza religione.All’Oratorio i ragazzi e i giovani incontrano un’anima, incontrando Cristo nella catechesi, nel gioco, nelle mille iniziative che la fantasia degli educatori suggerisce, nella comunità oratoriana, nei catechisti e nel prete che è il cuore dell’Oratorio.Ma per incontrarlo, bisogna alimentare nei ragazzi il desiderio di Dio. E qui le difficoltà sono davvero tante: ci sono ragazzi che entrano in Oratorio senza memorie, analfabeti di Dio, del Vangelo, della Chiesa. Altri arrivano motivati dalla famiglia: «Va all’Oratorio, che là ti insegnano ad essere un bravo ragazzo!». Non dicono un “bravo cristiano”, ma è già qualcosa l’identificazione con la bontà, che all’Oratorio uno può apprendere, quasi per osmosi, vivendo con coetanei ed educatori “buoni”. I famosi “buoni esempi” di un tempo non hanno perso la loro forza.L’altra difficoltà arriva dalle tecnologie moderne: con le enormi potenzialità che possiedono corrono il rischio di ingabbiare i ragazzi. Lo sanno bene anche gli insegnanti nella scuola. In Oratorio, nella vita gruppo e di gioco, i ragazzi possono trovare un giusto equilibrio tra le tecnologie e le relazioni vere, autentiche, che riempiono il vivere, allontanando ogni solitudine.In Oratorio, inoltre, si può vivere in modo semplice la cultura che tiene lontani i ragazzi e le ragazze dai modelli che fanno “immagine”, un bene che sembra che si debba raggiungere a ogni costo. In Oratorio, inolte, vengono presentati ai ragazzi testimoni di vita e non personaggi di successo del mondo dello spettacolo e dello sport, ai quali assomigliare nel vestito, nel linguaggio, nella moda. Non ha molta presa il discorso di chi si adegua a “quello che fan tutti”, a “quello che sono tutti”. E questo dipende dal carisma degli educatori, dal rapporto che hanno con le famiglie e i genitori. Se le famiglie sono assenti o, peggio, sono trasgressive, indeboliscono i ragazzi, li rendono più facili vittime del mondo che li circonda e la stessa influenza dell’Oratorio diventa discontinua, frettolosa, difficile. Iniziando il nuovo anno pastorale, occorre che tutti prendano coscienza delle loro responsabilità per dare ai ragazzi semi di speranza per il futuro.