La morte del fondatore della Apple, avvenuta lo scorso 5 ottobre, ha scosso il mondo dei media. Da giorni continuano le commemorazioni e gli attestati di stima

di Antonio RITA

Steve Jobs

Il 5 ottobre scorso Steve Jobs ha dato il definitivo addio alla sua Apple. Classe 1955, fondatore, amministratore delegato, volto e “deus ex machina” visionario di una delle più grandi multinazionali dell’hi-tech (quasi 50 mila dipendenti sparsi per il mondo e un fatturato di oltre 65 miliardi di dollari). La morte di Jobs non è la semplice scomparsa di uno dei supermanager più importanti a livello planetario, per Apple segna la perdita di una parte di sé. I media rimbalzano la notizia da giorni, gli analisti cercano di capire il futuro della Mela senza Steve, mentre continuano incessanti le commemorazioni e gli attestati di stima per un uomo che lascia una traccia indelebile nella storia moderna.

La vita di Jobs è intrecciata a doppio filo con quella di Apple. Nel 1974, dopo un solo semestre all’università, è all’Atari con il suo amico Steve Wozniak. Ma il lavoro dipendente sta stretto ai due Steve e così, nel 1976, ottengono un finanziamento da un industriale, si mettono in proprio e fondano la Apple Computer: la prima sede è il garage dei genitori di Jobs e lì vede la luce il primo personal computer, l’Apple I. Nel 1977 Jobs e Wozniak lanciano il primo personal computer per il grande mercato consumer: l’Apple II. Le vendite toccano il milione di dollari e nel 1980 la Apple si quota in Borsa. Il 1984 è l’anno della svolta: il 24 gennaio Apple produce un personal computer compatto e dotato di un nuovo sistema operativo a interfaccia grafica, l’Apple Macintosh. Dotato di icone, finestre e menu a tendina, il Mac è l’inizio della moderna informatica di largo consumo (Microsoft commercializzerà il suo Windows 1.0 solo nel 1985).

Il successo è immediato e senza confini, ma non è sufficiente per il nuovo management Apple, scelto dallo stesso Steve Jobs: nel 1986 l’amministratore delegato, John Sculley, caccia i due fondatori e le strade di Jobs e la Apple si dividono. Steve decide di ricominciare: con la sua nuova compagnia, la NeXT Computer, acquista la Pixar dalla Lucas Films e si dedica con successo all’animazione computerizzata. Alla Apple non va altrettanto bene: il sistema operativo Mac OS, montato sulle macchine Apple, è ormai obsoleto e l’azienda non riesce più a innovare. La Apple acquisisce la NeXT Computer di Jobs e nel 1997 il nuovo amministratore delegato della Mela, Gil Amelio, viene sostituito a causa degli scarsi risultati: Jobs è di nuovo l’amministratore delegato di Apple, ne assume l’interim con uno stipendio simbolico di 1 dollaro l’anno. Ci vuole qualche anno a Jobs per rimettere insieme i pezzi dell’azienda, ma nel 1999 la rinascita: l’iMac. E da allora saranno solo successi per Jobs e la Apple: MacBook, MacBook Pro, iPod, AppleTV, iPhone, iPad: ogni nuova idea di Jobs è un successo commerciale e una rivoluzione tecnologica.

All’età di 56 anni, Steve ha perso l’ultima battaglia contro il cancro al pancreas che aveva fatto la sua comparsa nel 2004, era stato sconfitto del 2006 ma aveva lasciato un segno profondo nel suo fisico: l’insorgenza del diabete di tipo 1, che aveva costretto Jobs a subire un trapianto di fegato nel 2009. Negli ultimi mesi la malattia si era riacutizzata e Jobs aveva deciso di lasciare il timone dell’azienda a Tim Cook, suo fidato collaboratore della prima ora, che proprio il giorno prima della sua morte aveva debuttato nel suo primo keynote di presentazione delle novità di Apple.

Il riconoscimento della grandezza dell’uomo, classificato primo tra i 25 uomini d’affari più potenti nel 2007 da “Fortune” e persona dell’anno 2010 dal “Financial Times”, è unanime: tra i tanti, Barak Obama scrive sul blog della Casa Bianca che «non ci può essere maggior tributo al successo di Steve che ricordare che la maggior parte del mondo ha saputo la notizia della sua scomparsa sui computer che lui stesso ha inventato».

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